Epifania, Papa Francesco: dove ama farsi trovare il Signore?

Nella messa per la Solennità dell’Epifania, papa Francesco ci invita a guardare i Magi per imparare dal loro esempio una cosa importante.

«Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». Questa domanda dei Magi, giunti da Oriente a Gerusalemme alla ricerca del Signore, è la domanda di ogni anima assetata del Signore Gesù, ci dice Francesco.

Papa Francesco Epifania
Papa Francesco e il Bambin Gesù – photo web source

Domandiamo anche noi, alzando lo sguardo al cielo: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?». La vicenda dei Magi, prosegue il papa, ci indica i tre luoghi dove il Signore vuole essere cercato, tre luoghi dove è possibile incontrarlo. Non tre luoghi fisici, ma tre disposizioni interiori.

L’inquietudine delle domande

Il primo luogo, spiega Francesco, è l’«inquietudine delle domande». Esiste una sana inquietudine, ci ricorda il Papa. Questo perché ultimamente la fede non nasce dai nostri meriti o dai nostri ragionamenti teorici, ma è un dono di Dio.

«Nei Magi – spiega Francesco – all’inizio c’è questo: l’inquietudine di chi si interroga. Abitati da una struggente nostalgia di infinito, essi scrutano il cielo e si lasciano stupire dal fulgore di una stella, rappresentando così la tensione al trascendente che anima il cammino delle civiltà e l’incessante ricerca del nostro cuore. Quella stella, infatti, lascia nel loro cuore proprio una domanda: Dov’è colui che è nato?».

I Magi sono simbolo di chi non si accontenta della tranquillità e si decide ad «abitare gli spazi scomodi della vita». Proprio in questi momenti, sottolinea Francesco, si fanno strada nel nostro cuore le «domande insopprimibili» che ci aprono il cuore alla ricerca di Dio. Sono dunque opportunità da cogliere.

Il pericolo della cassaforte della comodità

Oggi però c’è il rischio di soffocare queste domande: «Ogni giorno il clima che respiriamo offre dei “tranquillanti dell’anima”, dei surrogati per sedare la nostra inquietudine e spegnere queste domande: dai prodotti del consumismo alle seduzioni del piacere, dai dibattiti spettacolarizzati fino all’idolatria del benessere; tutto sembra dirci: non pensare troppo, lascia fare, goditi la vita! Spesso cerchiamo di sistemare il cuore nella cassaforte della comodità, ma se i Magi avessero fatto così non avrebbero mai incontrato il Signore. Dio, invece, abita le nostre domande inquiete; in esse noi «lo cerchiamo così come la notte cerca l’aurora». Egli è nel silenzio che ci turba davanti alla morte e alla fine di ogni grandezza umana»

Mai dunque accontentarsi della “comfort zone” e farsi sedare cuore e anima, facendoci levare questa inquietudine delle domande.

Francesco Gesù
photo web source

Il rischio del cammino

C’è poi un secondo luogo dove trovare il Signore: il rischio del cammino. Francesco cita Benedetto XVI, che ricordava come i Magi non si fossero fermati a guardare il cielo, ma si fossero avventurati in un viaggio rischioso, senza sicurezze e mappe predefinite. «Il loro pellegrinaggio esteriore – aveva detto Benedetto XVI – era espressione del loro essere interiormente in cammino, dell’interiore pellegrinaggio del loro cuore»

«Così è anche per la nostra fede – sottolinea Francesco -: senza un cammino continuo e un dialogo costante con il Signore, senza ascolto della Parola, senza perseveranza, non può crescere. Non basta qualche idea su Dio e qualche preghiera che acquieta la coscienza; occorre farsi discepoli alla sequela di Gesù e del suo Vangelo, parlare con Lui di tutto nella preghiera, cercarlo nelle situazioni quotidiane e nel volto dei fratelli», insiste papa Bergoglio.

Senza un cammino e un dialogo ininterrotti col Signore la nostra fede non cresce. Da Abramo in avanti, la fede è un cammino, un pellegrinaggio e una storia di partenze e ripartenze.

Così per Francesco «la fede non cresce se rimane statica; non possiamo rinchiuderla in qualche devozione personale o confinarla nelle mura delle chiese, ma occorre portarla fuori, viverla in costante cammino verso Dio e verso i fratelli».

La domanda da farci, dice Francesco, è questa: «Sto camminando verso il Signore della vita perché diventi il Signore della mia vita?».

Lo stupore dell’adorazione

Infine c’è il terzo luogo: lo stupore dell’adorazione. I Magi al termine dell’inquietudine e il cammino convergono nell’adorazione del Signore: «Lì trovano il loro centro sorgivo, perché tutto nasce da lì».

Il fine di tutto infatti non è avere successi personali o collezionare glorie individuali ma incontrare Dio. Gesù va messo al centro, va adorato. «A nulla serve –  sottolinea Francesco – attivarci pastoralmente se non mettiamo Gesù al centro, adorandolo. Lì impariamo a stare davanti a Dio non tanto per chiedere o fare qualcosa, ma solo per sostare in silenzio e abbandonarci al suo amore, per lasciarci afferrare e rigenerare dalla sua misericordia. Ci manca la preghiera di adorazione, abbiamo perso il coraggio di andare avanti con il rischio del cammino. Come i Magi, prostriamoci, arrendiamoci a Dio nello stupore dell’adorazione. Adoriamo Dio e non il nostro io; adoriamo Dio e non i falsi idoli che ci seducono col fascino del prestigio e del potere».

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