Emily Stimpson: “L’Eucarestia mi ha salvata dall’anoressia”

 

Una bellissima testimonianza di come l’eucarestia possa diventare il simbolo dell’unione tra il corpo ed il sangue di Cristo ed il nostro è stata scritta di recente sul proprio blog, ‘The Catholic Table’ (blog di ricette e storie di vita), dalla giornalista e scrittrice americana Emily Stimpson.

La donna parla del suo approccio alla religione toccando un tema sensibile per tutti gli adolescenti, l’anoressia. La giornalista racconta di quando aveva 16 anni, di come fosse disgustata dal proprio corpo, di come rifiutasse ogni forma di nutrizione e di come nessuna cura medica e psicologica l’avesse aiutata a superare quel disagio nei confronti del suo corpo: “Odiavo il mio corpo, mi sentivo grassa e vedevo il cibo come un mezzo per controllare il mondo. La mia battaglia con il cibo era un aggrovigliamento di insicurezze e ansietà, situazione aggravata da una visione materialistica dell’universo”.

La sua vita era scandita solo dal problema del suo aspetto fisico ed il cibo era l’unico responsabile di quella che considerava un’atroce visione. Tutto è cambiato all’improvviso grazie all’incontro con una persona, un compagno di scuola, che la volle accompagnare a casa e le chiese se le andava di fermarsi in una chiesa dove si stava celebrando una messa, lei acconsentì senza reale voglia, ma dato che da tempo si domandava il significato dell’esistenza la trovava comunque una prova utile.

Quello che Emily non si attendeva era di trovare realmente Cristo e la soluzione dei suoi problemi: “Ho ricevuto Cristo come cibo. Il pane è diventato il corpo. Il vino è diventato il sangue. Questo è stato il rapporto più intimo che ho avuto con Lui. Fu così che ha realmente dato la sua vita per me”. La giornalista provò un insolito conforto e si decise a frequentare la messa e ricevere l’eucarestia ogni giorno.

Dopo poco comprese che anche le sue ansie ed i suoi turbamenti erano spariti, non le interessava più del suo corpo in senso estetico, perché aveva capito che esso andava curato in quanto tempio di Dio: “Prendere l’Eucarestia ha contribuito a modificare il modo di vedere il mio corpo e la mia vita. Mi sono vista come immagine di Dio, il mio corpo come tempio dell’anima, luogo di cui dovevo prendermi cura. Ho iniziato ad apprezzare le mie curve femminili come segno fisico della mia anima femminile”.

Senza volerlo Emily era riuscita in qualcosa che in molti fedeli, pur andando in Chiesa e seguendo alla lettera gli insegnamenti, non riescono: far si che l’eucarestia si trasformi nel corpo di Cristo e il vino nel suo Sangue all’interno del proprio corpo per formare un tutt’uno con il Signore. D’altronde come scrive il domenicano Antonio Royo Marin: “E’ l’inizio di una comunione con Lui sia fisica che spirituale, cioè totale. Il lavoro della vita è far vivere quella Carne e quel Sangue nel proprio sangue e nella propria carne”, e lei ci è riuscita al primo incontro.

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