“Ti uccido perché non posso averti”. La drammatica storia di Barbara

Barbara, donna sopravvissuta al tentativo di omicidio di un collega, racconta nei dettagli la notte in cui è stata ferocemente aggredita.

Foto dal Web

Ossessionato da lei, l’uomo ha deciso di attirarla in una trappola. Barbara, però, si è attaccata alla vita ed è riuscita a sopravvivere.

Il tentato femminicidio

Nel 2003 la vita di Barbara era pressoché perfetta, sposata con l’uomo che ama e madre di due bellissimi bambini, era nuovamente incinta. Anche in ambito lavorativo tutto andava bene, visto che lavorava come contabile per un’azienda edile. Un giorno, però, il suo collega, il geometra dell’azienda Giuseppe, le chiede di vedersi. Non era una richiesta insolita, poiché i due lavoravano fianco a fianco e si trattenevano spesso a parlare di lavoro e non solo. Quella che Barbara Batolotti credeva fosse una bella amicizia, però, nascondeva dell’altro.

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Quando la donna sale in macchina tutto sembrava normale, ma ad un tratto percepisce che nel collega e in quell’incontro fuori dal lavoro c’era qualcosa di strano. L’uomo stava guidando fuori dalla città e lei si è insospettita. Chiede di accostare un attimo per avvertire il marito che farà tardi, ma quando l’auto si ferma l’uomo la colpisce alla testa: “ho sentito un tonfo e un forte bruciore alla testa. Lui mi aveva colpito con un martello”. Al primo colpo ne segue un secondo, un terzo, un quarto, finché Barbara non si accascia a terra.

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Barbara si attacca alla vita e sopravvive

Giuseppe la colpisce al ventre con un coltello, le versa del liquido infiammabile sul corpo e le da fuoco mentre le dice: “Non posso averti, meglio ucciderti”. Quindi sale in macchina e la osserva attendendo il momento in cui smetterà di respirare. Barbara capisce l’intento, chiude gli occhi e si finge morta. Quando l’auto si allontana, spegne le fiamme, si mette a correre e trova l’aiuto di due giovani che la portano in ospedale. Giunta al Civico di Palermo, fa in tempo a dire il nome del suo aggressore, poi sviene ed entra in coma per 10 giorni.

Le sue condizioni sono critiche, ma Barbara ha voglia di vivere, di abbracciare i figli e si risveglia. Nei successivi 4 anni si è dovuta sottoporre a numerosi interventi chirurgici per sostituire la pelle ustionata: “E’ stato un calvario”, ricorda la donna. Nel 2007, la sua voglia di vita è stata ricompensata dall’arrivo di Federica, la sua terza figlia. Oggi Barbara lotta al fianco delle donne vittime di violenza e porta in giro la sua testimonianza per mettere in guardia le altre donne dal rischio di uomini violenti come il suo collega.

Luca Scapatello

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