
A Sidney, una donna incinta morì, insieme alla bambina che portava in grembo, per aver rifiutato una trasfusione.
Questa storia è emblematica di come alcune spiritualità allontanino dalla Verità e anche dalla vita, da una sana concezione delle cose.
Al settimo mese di gravidanza, i medici le avevano detto che era malata di leucemia.
Poteva già partorire, senza troppe complicazioni, dunque, i dottore le prospettarono un taglio cesareo, per, poi, poter iniziare liberamente un ciclo di chemioterapia.
I medici non poterono intervenire in alcun modo: “Il rifiuto di un intervento risolutivo, in caso di rischio della vita, da parte di un paziente informato, è generalmente accettato, ma il diritto di una madre di rifiutare questo tipo di interventi per il feto è materia molto più controversa”.
La trasfusione del sangue è da considerarsi una cura medica vera e propria, così come è da ritenere un atto altruistico donare il proprio sangue, per chi possa averne bisogno.
Non si tratta di una sfiducia nei confronti della medicina o del timore che il sangue altrui possa essere infetto o mal controllato.
Si tratta esclusivamente di un problema spirituale, indotto da un’interpretazione inutilmente letterale di alcuni passi della Bibbia, in cui si identifica la vita dell’uomo con il suo sangue.
Per obbedire a Dio e rispettare il prossimo, dunque, i Testimoni di Geova, pensano che ognuno debba tenersi il suo!
Antonella Sanicanti