Disney censura i classici: l’ipocrisia di un vuoto di verità

L’ipocrisia del politicamente corretto coinvolge anche la Disney. Tra personaggi lgbt e immagini quasi pornografiche, ad essere censurati sono i classici.

Sembra quasi non ci sia nessun problema, se un bambino fin da piccolo viene bombardato di immagini oscene, violente o al limite del pornografico. Al contrario, per la propaganda moderna, che ormai coinvolge da tempo anche colossi come la Disney, c’è un problema se si guardano film classici che hanno costruito l’immaginario di tutti fin da piccoli.

Da Dumbo a Via col vento, tutte le pellicole censurate

Da Dumbo a Via col vento, sono ormai molti i film che all’inizio della riproduzione sono ormai obbligati a presentare un’inquietante dicitura. “Questo programma include rappresentazioni negative e/o trattamenti errati nei confronti di persone o culture. Questi stereotipi erano sbagliati allora e lo sono oggi”, è la striscia che introduce pellicole colpevoli, ad esempio, di mettere in mostra “stereotipi” culturali.

Come se non si potesse ironizzare sulle differenze, ma al contrario sarebbe auspicabile un mondo in cui tutti sono uguali, come prodotti industriali fatti con lo stampo. Presto dovremo sperare che non sia un problema la rappresentazione, nei cartoni animati per bambini, di una famiglia composta da una mamma o un papà.

Disney: in Dumbo sono colpevoli i corvi. Negli Aristogatti, i gatti siamesi

In Dumbo, la scena incriminata è l’apparizione del corvo Jim Crow, con un nome che è lo stesso delle leggi che in America che servirono a creare e mantenere la segregazione razziale in tutti i servizi pubblici. Negli Aristogatti, il problema è il gatto siamese che mentre suona il piano con le bacchette dice: “Quando fanno il jazz a Honk Kong battono il tempo con il gong”. 

Nel Libro della Giungla, ad essere sotto accusa è l’orango Re Luigi che presenta una voce black, simile a quella dei suonatori di jazz. Ma la peggiore accusa del politicamente corretto è quella verso Lilli e il vagabondo. I gatti siamesi irriderebbero l’Asia, e il canile multietnico sarebbe una provocazione per russi e messicani. Fino a Peter Pan, dove gli indiani d’America vengono chiamati “pellerossa”.

Una logica ipocrita schiava degli interessi commerciali

Ovviamente, vale il motto: “è il mercato, bellezza!“. Dopo mesi passati a registrare ondate di violente proteste in tutti gli Stati Uniti al grido di “Black Lives Matter”, talvolta coinvolgendo anche altri paesi occidentali, seppure in misura più misurata, i grandi colossi della distribuzione hanno fiutato il rischio commerciale, e si sono adeguati.

Dietro la propaganda lgbt, infatti, come noto ci sono enormi potentati che finanziano questo tipo di messaggi, ormai sempre meno subliminali e sempre più agguerriti ed espiciti. D’altronde, da tempo ormai si registra un’escalation di storie per bambini in cui i personaggi sono omosessuali e lesbiche, e in cui certo tipo di messaggi vengono veicolati come buoni e giusti.

L’ipocrisia di censurare un film storico come Via col Vento

Purtroppo, insieme alle statue o ai musei che sono stati abbattuti da folle di felpe nere inferocite, ad essere annientato è ormai anche il buonsenso. Che si è riversato sulla filmografia internazionale di uno dei produttori di cartoni animati più seguiti al mondo, e che da sempre rappresentava, in passato, un marchio che corrispondeva a intrattenimento di qualità. Oggi purtroppo non è più così.

Il film Via col vento è stato tolto dal catalogo della HBO perché ritenuto colpevole di ledere l’immagine degli afroamericani e di diffondere una visione errata dello schiavismo, quando in realtà la prima donna nera a ricevere l’oscar recitava proprio in quel film.

Ma arte e cultura non sono schiave del pensiero dominante

Il suo personaggio, Mamy, era certo quello di una domestica, un ruolo perfettamente rispondente al contesto storico narrato dal film. Ma era anche una figura altamente positiva all’interno della storia, che veicolava quindi messaggi valoriali positivi e costruttivi.

La distruzione, invece, viene operata soltanto ora, quasi un secolo dopo il capolavoro di Victor Fleming. Il problema però è che l’arte, la letteratura, la cultura, non è fatta per servire il pensiero dominante, o per essere asservito al potere.

L’arte eleva l’uomo. Così si rispecchia una società senza virtù o valori

Tramite la creazione artistica l’uomo ha la possibilità di elevarsi, di liberarsi dai luoghi comuni, e dalle illusioni che troppo spesso l’uomo erge a idoli. Se la letteratura, il cinema, o qualsiasi altra forma culturale, si fa asservita al politicamente corretto, al già noto e conosciuto, al buono e giusta secondo la vulgata del momento, perderebbe la sua ragione di esistere.

Sarebbe il grado zero, lo specchio di una società senza valori e senza nemmeno virtù. Senza la libertà di espressione, siamo tutti più soli, e più lontani dalla verità. Pensare che persino all’infanzia si vogliano applicare categorie della politica e della propaganda, fa capire di essere finiti, senza nemmeno accorgersi, in un regime propagandistico.

La schiavitù del politicamente corretto ci tiene ancorati al novecento

Una società in cui la libertà schiavizzata dal politicamente corretto è diventata la vera dittatura, intenta a riscrivere anche la storia e a manipolare la concezione della vita e dell’uomo. Come accaduto più volte nel novecento. Tutti i regimi nascono in questa maniera.

Forse però, non bisogna preoccuparsi: le uniche cose che si sono perse per strada sono lo spirito critico e il buonsenso. 

Giovanni Bernardi

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