Covid: Lockdown pianificati – La proposta shock per una vita quasi normale

Per l’infettivologo Stellini, lockdown preventivi potrebbero ridurre i contagi e salvare l’economia. Pianificando una risposta organizzata privata e pubblica. 

Covid - Lockdown programmati - vita quasi normale

Roberto Stellini è infettivologo della Fondazione Poliambulanza di Brescia, e la sua opinione è che, dal punto di vista medico, il lockdown possa aiutare a contenere il virus.

La proposta del medico: lockdown brevi e pianificati

Tuttavia, il medico è realista e comprende che la vita umana, specialmente quella che riguarda non le singole persone ma la collettività, è composta di mille sfumature. Non solo quelle clinico-sanitarie, specialmente nell’ambito di un contesto di pandemia come quello che si sta vivendo.

Così, arriva a fare una proposta attraverso il quotidiano dei vescovi italiani, Avvenire. Quella cioè di organizzare la vita del Paese in base a lockdown preventivi totali programmati, della durata di 3 settimane ogni 4-5 mesi.

L’infettivologo Roberto Stellini (Fondazione Poliambulanza di Brescia) – photo web source

Un’ipotesi per cercare di condurre una vita normale

Per l’infettivologo, si tratta di “un’ipotesi di lavoro per cercare di condurre una vita quasi normale, con il rispetto delle note norme comportamentali”. Con l’auspicio di un serio confronti tra veri esperti del settore. “Infettivologi, virologi, epidemiologi, economisti e politici”, elenca.

Stellini ha infatti sostenuto, dal suo punto di vista, che il lockdown può anche essere stato efficace nel ridurre i contagi. Un’efficacia che, sempre dal suo punto di osservazione, “continua a mantenersi 20 giorni dopo la sua introduzione”. Al contrario, continua, per ogni allentamento si sarebbe verificato un progressivo incremento delle nuove infezioni. Seppure “al netto del significativo incremento dei tamponi molecolari naso-faringei eseguiti”.

L’idea di attuare lockdown pianificati per brevi periodi

Tuttavia, anche se il medico sponsorizza nuovi lockdown, è evidente che questi non possono mettere in uno stato di blocco totale il Paese per lunghi periodi. Sarebbe impensabile e si tratterrebbe così di andare incontro alla catastrofe. Una follia, che avrebbe senso solo se fosse frutto di un grande disegno ordito a livello internazionale per fare crollare l’economia dei singoli Paesi.

In altri casi, invece, per conciliare il parere degli esperti medici con le necessità economiche, che si traducono cioè in necessità delle famiglie, l’infettivologo ha consigliato di attuare lockdown per brevi periodi. Ad esempio, “della durata di 3 settimane ogni 4-5 mesi“, ha affermato su Avvenire.

“Potrebbe mettere nelle condizioni di programmare attività produttive”

“Verosimilmente la programmazione di chiusure totali con Lptp (lockdown periodici totali programmati) potrebbe mettere nelle condizioni le attività produttive del nostro Paese di programmare le proprie attività incentivando la produzione nei due periodi di 4-5 mesi ciascuno di apertura”, dice.

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“Un Lptp, cioè, può fornire elementi certi di apertura e chiusura mettendo nelle condizioni di prevedere l’acquisizione di materie prime, la produzione e la distribuzione dei prodotti/servizi“, afferma. In sostanza, per Stellini “nelle settimane di chiusura si potranno programmare azioni di sostegno alle attività chiuse con ristori tempestivi, cassa integrazione od altro che avrebbe però una durata ben definita e quindi costi sicuri prevedibili”.

Oltre ai lockdown servirebbe anche una risposta pubblica coerente

A quel punto, però, non basterebbe chiudere tutto per brevi periodi. Bisognerebbe al contrario organizzarsi al meglio non solamente dal punto di vista privato, ma anche da quello pubblico. “Ogni lockdown programmato dovrà essere seguito e supportato da un efficace contact tracing affidato al coordinamento dei servizi specifici delle Ats”, spiega.

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Sanificazione delle tende ospedale da campo montate dall’esercito davanti al pronto soccorso dell’ospedale di Rivoli, Torino, 29 ottobre 2020 ANSA/ALESSANDRO DI MARCO

“Che dovrà avere una strettissima collaborazione con la Medicina del territorio e i medici di Medicina generale, in particolare, che, avendo un rapporto diretto con i cittadini nel rapporto di 1/1.000-1.500, si trovano nella condizione di poter tracciare telefonicamente i propri assistiti”.

Giovanni Bernardi

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