Covid, Patriarca di Gerusalemme: che cosa ci salverà?

La solennità dell’Annunciazione del Signore, che celebriamo oggi, ci invita a fare verità su ciò che stiamo vivendo, ad uscire dall’autoreferenzialità e dagli inganni del virtuale.

Lo ha ricordato stamattina, monsignor Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, presiedendo la messa dell’Annunciazione a Nazaret.

Tecnologie utili in pandemia, ma…

Durante l’omelia, il patriarca ha ricordato il ‘soccorso’ giunto dalla tecnologia durante “questo anno di lockdown”. Grazie alla rete, ha sottolineato, ci è stato permesso di “mantenere un minimo di socialità”.

Tuttavia, ha proseguito Pizzaballa, “non è attraverso la tecnologia che incontreremo il Signore, non saranno le messe virtuali a salvarci e nemmeno i social, ma l’incontro personale con Lui”.

La solennità dell’Annunciazione, del resto, “è anche un invito a non fuggire dal reale, a non evitare di fare i conti con chi siamo realmente ma, al contrario, a ritrovare nella propria vita, personale e comunitaria, così come essa è, i segni della presenza di Dio”.

C’è quindi “bisogno di recuperare uno sguardo positivo e sereno sulla Chiesa e sul mondo, ancora oggi abitato dalla Sua presenza. Il male, il dolore, le ingiustizie e le nostre solitudini non possono essere l’unica voce che ci interpella”.

Serve una Chiesa di testimoni

Oggi più che mai – ha proseguito il patriarca – abbiamo bisogno di testimoni che ci aiutino a stare di fronte ai fatti della vita con speranza e fiducia, che collaborino a rendere determinato e fiducioso il nostro ‘sì’ a Dio. Abbiamo bisogno della Chiesa, cioè di credenti uniti proprio da quel ‘sì’, una comunità con uno sguardo libero e sereno sulla vita del mondo, senza paura e desiderosa di costruire e promuovere il bene e la giustizia”.

Al contrario, “troppo spesso”, ha ammonito Pizzaballa, “ci rinchiudiamo dentro i nostri problemi, che diventano il nostro unico orizzonte”. Presi dalle “piccole faccende della vita, dalle cose da fare, o anche dai grandi progetti, che ci dimentichiamo l’essenziale”.

L’esistenza ha senso “solo se si apre all’amore e ogni uomo ha “bisogno di farne reale esperienza”, ha “bisogno dell’abbraccio del perdono di Dio, della sua irruzione nella vita del mondo”.

Non c’è solo l’emergenza sanitaria

Di seguito una riflessione sui difficili tempi attuali. “Il mondo non è mai stato un’isola felice: problemi di ogni genere, ingiustizie, divisioni, guerre, malattie ci sono oggi come nel passato e sempre”, ha detto il patriarca. Tutto ciò, comunque, “non ha impedito in alcun modo il compiersi del progetto di Dio in un mondo così. Il Suo desiderio di salvezza non è stato fermato dalla nostra disobbedienza”.

Circa un anno fa, “eravamo tutti sconvolti dall’irrompere della pandemia nella vita personale e collettiva di ciascuno di noi – ha aggiunto Pizzaballa –. Tutto era nuovo e ci sentivamo impreparati ad una tale situazione, nella quale un piccolo virus aveva di fatto paralizzato la vita ordinaria in tutto il mondo e azzerato i programmi economici e sociali di quasi tutti i Paesi”.

Oggi “non abbiamo le idee più chiare – ha osservato il patriarca –. La paura ci ha portato a pensare che il mondo sia un luogo ostile e pericoloso. Forse riusciamo a gestire meglio l’emergenza sanitaria, ma tutto il resto: economia, socialità, educazione, lavoro… tutto è ancora più fragile ed esposto a tanti interrogativi”.

Anche alla luce di queste considerazioni, la nostra relazione con Dio, “può e deve illuminare la nostra esperienza e aiutarci a comprendere i segni dei tempi, ha quindi concluso il patriarca latino di Gerusalemme.

Luca Marcolivio

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