Concordato Stato-Chiesa: che cos’è e perché è minato dal Ddl Zan?

Da ieri non si fa altro che parlare di due accordi, i Patti Lateranensi del 1929 al Concordato del 1984, che hanno segnato la storia d’Italia. Ma cosa sono?

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Il cardinale Gasparri e Benito Mussolini mettono la loro firma sui Patti Lateranensi – photo web source

Il Concordato attualmente in vigore, che è stato sottoscritto il 18 febbraio 1984 dall’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi e dal segretario di Stato vaticano Agostino Casaroli, regola i rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica.

I patti di cui si parla ogni anno e l’attuale accordo in vigore

Di questi patti se ne parla in realtà ogni anno, seppure in maniera ristretta, durante il ricevimento a Palazzo Borromeo, vale a dire nella sede dell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, a cui di solito è presente tutto il vertice sia dello Stato italiano che della Chiesa, ad eccezione però del Papa. In quell’incontro, che avviene a fine febbraio, come accaduto anche quest’anno con il premier Draghi, si ricorda l’attuale trattato e la sua storia dalle origini fino ad oggi. 

L’attuale accordo in vigore è infatti, in realtà, frutto della revisione del Concordato firmato l’11 febbraio 1929 da Benito Mussolini e dal cardinale Pietro Gasparri nell’ambito dei Patti Lateranensi, come previsto dall’articolo 7 della Costituzione. Quei patti, storicamente di un rilievo assolutamente fondamentale nella storia italiana, segnarono la conciliazione tra lo Stato e la Santa Sede, perché in quella data si pose fine a quella che veniva definita la “questione romana”, trovando una soluzione in quello specifico accordo.

La questione romana aperta con la violenza della breccia di Porta Pia

Per questione romana si intendeva la questione che si era aperta nel 1870 con la fine dello Stato pontificio, ovvero dopo che le truppe italiane erano entrate a Roma con la forza attraverso la breccia di Porta Pia. La sostanza di quanto accaduto è infatti che l’esercito italiano attaccò Roma, difesa dai soldati del Papa e da numerosi volontari provenienti da tutta Europa, e la conquistò rendendola poco dopo la capitale del Regno d’Italia.

Da allora, il papa Pio IX si era dichiarato prigioniero “prigioniero politico” di Casa Savoia, la famiglia reale d’Italia che nel Risorgimento invase per ben due volte i territori dello Stato della Chiesa, che all’epoca era esteso a tutto il Centro Italia, per ridurlo invece alla sola città di Roma. Questo stato di “prigionia” a cui i pontefici si dichiaravano sottoposti faceva sì che l’Italia non veniva riconosciuta come stato legittimo, e cattolici non era consentito partecipare alla vita politica del paese, per effetto del cosiddetto “non expedit”.

La “legge delle guarentigie” e Mussolini “uomo della Provvidenza”

La “legge delle guarentigie” che ne seguì, approvata dal Parlamento italiano nel 1871 per assicurare al Pontefice l’esercizio della propria missione spirituale, venne dichiarata inaccettabile dal Vaticano. A questa, seguirono perciò sessant’anni di convivenza difficile. Tuttavia, un poco alla volta i i rapporti tra Stato e Chiesa si appianarono in maniera progressiva. Ma fu l’avvento al potere di Mussolini che consentì nel 1929 la conclusione di un’intesa complessiva con la Chiesa.

Il Duce infatti, che il Papa definì “l’uomo della Provvidenza”, non aveva di certo le tante preoccupazioni dei predecessori liberali circa il tema della laicità dello Stato, e risolse così la “questione” con due accordi. Nonostante tra i leader fascisti c’erano molti anticlericali convinti, che non volevano rivali del Partito Fascista e che chiedevano a a Mussolini di sciogliere le associazioni cattoliche in maniera brutale.

Il Partito fascista scelse la via della prudenza, a ragion veduta

Mussolini preferì invece la via della prudenza, prendendo bene in considerazione la forza della Chiesa nell’influenzare milioni di italiani, probabilmente la maggioranza. Per questo si limitò a chiedere alla Chiesa era di chiudere o comunque di ridurre l’autonomia delle organizzazioni cattoliche. Così fu, perché le organizzazioni giovanili cattoliche furono spazzate via per fare posto all’unica associazione consentita, l’Opera Nazionale Balilla sostenuta dal regime.

Il Trattato tuttavia riconosceva la sovranità della Santa Sede e il nuovo Stato della Città del Vaticano, e comprendeva anche la Convenzione finanziaria per risarcire la Chiesa dei danni subiti con la legislazione ottocentesca in fatto di enti ecclesiastici. Danni che erano ingenti, e che trovarono risoluzione con il versamento italiano alla ratifica di 750milioni di lire e titoli di Stato per un miliardo, al cui seguito nacque una sezione per gli investimenti della Chiesa, l’Amministrazione Speciale della Santa Sede, mentre infine anni dopo verrò creato lo Ior.

Il Concordato definiva le relazioni civili e religiose in Italia

Il Concordato inoltre definiva anche le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa e il Governo, in particolare nei passaggi in cui si indicava la regolamentazione di una serie di questioni circa l’esercizio del culto, lo statuto dei sacerdoti e dei vescovi, il riconoscimento degli effetti civili al matrimonio cattolico, la disciplina dei beni ecclesiastici, l’estensione dell’insegnamento religioso confessionale nelle scuole o altre questioni come il crocefisso obbligatorio in tutti gli spazi pubblici.

In sostanza, il governo italiano acconsentì di rendere le sue leggi sul matrimonio e il divorzio conformi a quelle della Chiesa cattolica di Roma e di rendere il clero esente dal servizio militare. I patti inoltre Chiesa il riconoscimento del cattolicesimo quale religione di Stato in Italia, con importanti conseguenze sul sistema scolastico pubblico, come l’istituzione dell’insegnamento della religione cattolica, già presente dal 1923. Infine l’articolo 1 del Concordato riconosceva anche il carattere sacro della città di Roma, poi sostituito degli accordi di villa Madama, che riconobbe un “particolare significato”.

L’articolo 7 della Costituzione approvato dall’Assemblea Costituente

Nel momento in cui ci fu però la caduta del fascismo, al termine della Seconda guerra mondiale, l’Assemblea Costituente approvò l’articolo 7 della Costituzione attualmente vigente nel nostro Paese. In questo vengono recepiti i Patti Lateranensi ma al tempo stesso si prevede anche il fatto che eventuali modificazioni, “accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”.

Questa soluzione venne votata dalla forze moderate, capeggiata dalla Democrazia cristiana, ma allo stesso tempo venne anche approvata dal Partito comunista, ma non da quello socialista e dalle altre forze laiche. L’intento era infatti quello di tutelare la pace religiosa in Italia. Negli anni ottanta, però, alcune particolari disposizioni del Concordato indussero le parti ad organizzare delle trattative per effettuarne la revisione. Trattative che dall’inizio degli anni ottanta portarono all’accordo sottoscritto a Villa Madama da Craxi e Casaroli nel 1984.

Il nuovo Concordato e l’articolo che preoccupa la Chiesa sul Ddl Zan

Così il nuovo Concordato, ratificato dal Parlamento a larga maggioranza, conta 14 articoli più un protocollo addizionale in 7 punti e prescrive, tra le altre cose, il superamento del principio secondo cui il cattolicesimo è religione di Stato. Fu questo infatti il punto dirimente per il quale venne rivisto il trattato, a seguito di lunghe trattative portate avanti da esperti, tra cui monsignor Achille Silvestrini per il Vaticano e Gennaro Acquaviva per il Governo Italiano.

Tuttavia ci sono anche altri punti qualificanti, come ad esempio nuova modalità di finanziamento delle istituzioni ecclesiastiche italiane, vale a dire con la possibilità di destinare l’Otto per mille alla Chiesa, oppure la disciplina sugli effetti civili della nullità dei matrimoni religiosi stabilita dai tribunali ecclesiastici, la piena libertà della Chiesa di istituire scuole ai cui alunni deve essere assicurato un trattamento pari a quello degli istituti statali, e la possibilità invece per gli alunni di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali. Inoltre venne anche concordato che la nomina dei vescovi non richiedesse più l’approvazione del governo italiano.

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Infine vi è anche l’articolo 2 dell’accordo che prevede la piena libertà per la Chiesa di organizzarsi e di esercitare il magistero o di manifestare il pensiero con ogni mezzo. Sono questi ultimi i principi che il Vaticano ritiene a rischio con un’eventuale approvazione del disegno di legge Zan in materia di omofobia. A nostro avviso, con piena ragion veduta, e con rischio non solo dei cattolici ma di tutti.

Giovanni Bernardi

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