La storia della Chiesa ha conosciuto, fin da tempi più remoti, una gran quantità di esperti teologi. Ma chi fu il primo fra loro? Un’indagine storica ci riporta al I secolo.
Molti storici si sono chiesti quale figura, all’interno della Chiesa, possa essere individuata come “il primo teologo della storia”. Un’indagine storica, condotta dal noto teologo e biblista Giuseppe Barbaglio, risponde a questa domanda e individua nella figura dell’Apostolo Paolo, “il primo teologo cristiano e creatore della teologia cristiana”. In realtà, questa è un’affermazione di William Wrede, teologo vissuto a cavallo tra XIX e XX secolo. Riprendendo quest’affermazione, Barbaglio ci restituisce le motivazioni per cui può essere considerata una grande verità.
San Paolo, il primo teologo cristiano
Come riporta il biblista, prima dell’Apostolo delle genti, non era certo mancato uno “sforzo di riflessione e di interpretazione” dei dati della fede. Ma, allo stesso tempo, non era apparsa alcuna figura che potesse rappresentare una “personalità teologica di rilievo”. Soprattutto, ci fa notare Barbaglio, non era stato compiuto alcun lavoro interpretativo capace di “rendere significativo il credo cristiano al mondo greco-romano”.
Paolo e la “nuova lettura”
Tra le motivazioni che hanno spinto gli storici ad individuare in San Paolo il primo teologo ce n’è una di estrema importanza. Tra i meriti principali dell’Apostolo c’è stato quello di aver saputo offrire “una lettura dell’evento di Cristo morto, risorto e venturo comprensibile” al di là dei confini della Palestina. Mai nessuno, prima di lui, vi era riuscito nell’arduo compito.
Il contributo della fonte storica
A tutto ciò va ad aggiungersi il prezioso contributo che la fonte materiale, in questo caso scritta, ci offre. Barbaglio prende in esame un testo importantissimo: la Lettera ai Tessalonicesi, scritta con ogni probabilità tra il 49 e il 50 d.C. Il dettato delle sue lettere è ricco di “categorie di pensiero” dalla grande mole espressiva. Si tratta, sostiene il biblista, di categorie “di profonda penetrazione del fatto cristiano“: grazia, amore, speranza, giustificazione, riconciliazione, peccato, redenzione, sapienza, croce, gloria, Vangelo, Apostolo, rivelazione. Se è vero, sostiene Barbaglio, che in generale questi vocaboli sono già presenti nella tradizione biblica, è altrettanto vero che l’Apostolo li “caricò di valenze pregnanti fino ad allora sconosciute”.
La teologia di San Paolo
Gli storici hanno anche individuato una particolare teologia messa in atto da San Paolo. Hans-Joachim Schoeps, negli anni Sessata aveva affermato che San Paolo non fu un “Professore di teologia”. Effettivamente, Paolo non si occupò mai di una “visione unitaria”, cosiddetta “summa theologica“. Si occupò, piuttosto, di concrete situazioni e di “problemi teologici” che di volta in volta si imponevano ai suoi interlocutori. La sua, sostiene Barbaglio, riprendendo Georg Eichholz (e il suo libro: La teologia di Paolo. Le grandi linee), fu una vera e propria “teologia applicata”.
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Fabio Amicosante