Coronavirus, la lezione inascoltata di medici eroi come Carlo Urbani

Oggi viviamo un momento molto difficile a causa del coronavirus. Eppure abbiamo esempi, nella nostra storia, che ci dimostrano come l’umanità dia il meglio di sé di fronte alle difficoltà. Come il medico Carlo Urbani.

carlo urbani
ll medico Carlo Urbani nel 2003 perse la vita dopo avere scoperto per primo la Sars – sourceweb

Infettivologo di Castelplanio (Ancona), fu il primo a identificare il morbo della Sars, in Thailandia, rimanendone lui stesso colpito e perdendo la vita. Un vero eroe moderno, che con il suo esempio ci riporta a quanti oggi ogni giorno lottano nelle corsie degli ospedali contro questo virus invisibile e letale, che ha messo in ginocchio in poco tempo l’intero pianeta. E a quanti, ancora oggi, continuano a perdere la vita.

Il sacrificio di Carlo Urbani

La stessa data in cui Carlo Urbani ci lasciò, oggi corrisponde con quella di inizio del coronavirus nel nostro paese, il 29 marzo 2003, 18 anni fa. Come a dire che il destino a volte ci sottolinea gli eventi lungo la storia, a ricordarci le lezioni che dovremmo imparare, anche se spesso non è così.

Urbani era consulente per le malattie parassitarie dell’Organizzazione mondiale della sanità, e ha presieduto la sezione italiana di Medici senza frontiere. Fu il primo ad identificare la Sindrome respiratoria acuta grave, meglio nota come Sars. Prima della sua morte Urbani chiese ai colleghi tedeschi e australiani di prelevare i tessuti dei suoi polmoni, per poterli utilizzare nell’ambito della ricerca.

Carlo Urbani ci ricorda i sacrifici di tanti medici

Quella di Urbani è una storia che racconta di un sacrificio drammatico ma che deve ricordarci ancora oggi il ruolo di chi sacrifica la propria vita per il bene e la salute del prossimo e della collettività. Chi vive la vita come un dono per un bene più grande. Un impegno umano che ci riporta direttamente alle pagine del Vangelo: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).

Carlo Urbani
L’infettivologo Carlo Urbani fu la prima persona a identificare la Sars – sourceweb

“In questi giorni il ricordo ritorna a quel periodo. Stessa stagione, stessa dinamica: ad Hanoi l’incubo iniziò a fine febbraio per protrarsi poi fino a fine aprile”, ricorda al Sir Giuliana Chiorrini, moglie di Carlo Urbani e presidente del comitato di Croce Rossa di Castelplanio. “In particolare, mio marito lamentava il fatto che il Governo locale non lo stesse ascoltando dal momento che lui aveva subito chiesto lo stato d’allerta e pretendeva la chiusura delle frontiere per evitare il contagio“.

Gli stessi errori ripetuti oggi

Stessi errori che poi si sono replicati oggi, di fronte al coronavirus, all’incredulità dei governi e alla loro incapacità di fare tesoro delle lezioni del passato, troppo spesso trascurate e lasciate cadere nel dimenticatoio.

“Penso spesso a tutte quelle persone che si infettano, a tutti quegli operatori sanitari che, più degli altri, sono consapevoli del pericolo a cui vanno incontro e a tutti coloro che non ce la fanno a superare il Covid-19”, racconta Giuliana. Nel momento in cui il medico si accorse che il paziente di Hong Kong aveva i sintomi di una malattia del tutto sconosciuta, subito mise in atto tutte le precauzioni possibili. Impose una separazione rigida all’interno della struttura medica dei malati comuni da tutti quelli che potevano avere contratto la Sars.

L’esempio di Carlo Urbani

E fece attivare istantaneamente comportamenti di controllo dell’infezione molto stringenti. Maggiori visite, obbligo di mascherine e guanti per tutti, comprese le guardie di turno davanti alle porte dei locali in cui erano ricoverati i malati. “Insieme all’Oms aveva dichiarato l’allerta mondiale già verso metà marzo. Grazie a tutte queste misure, a fine aprile il Vietnam – primo Paese al mondo – venne dichiarato indenne dalla Sars. Così è nato il protocollo Oms. Così è stata combattuta l’ebola”, ricorda la moglie.

Che spiega: “probabilmente, non esistono ‘ricette’ valide esattamente per tutte le situazioni”. Ma “credo che senza il contributo di Carlo questa pandemia avrebbe potuto mietere ancora molte più vittime”, aggiunge. “Questa emergenza deve insegnarci ad essere più preparati. Le settimane che stiamo affrontando hanno messo in evidenza la distanza fra le varie Nazioni europee, le differenti reazioni, e le ripercussioni si faranno sentire nei prossimi mesi. Non tutta la lezione è stata assorbita come si doveva”.

Tempio medici vittime Coronavirus
Il Tempio a Duno che verrà dedicato ai medici che hanno perso la vita nella lotta al coronavirus

Nelle difficoltà si dà il meglio di sé

La moglie del defunte medico marchigiano è tornata più volte nei paesi in cui operava, sia in Vietnam che in Taiwan, e lì Carlo Urbani viene ricordato come un’eroe, con il merito di avere salvato la popolazione da un rischio che poteva assumere contorni molto più grandi. In Italia invece il ricordo di Carlo Urbani non è mai troppo diffuso, a molti il nome del medico non suscita grandi ricordi. Di questo, in Estremo Oriente se ne meravigliano molto.

“Nelle fasi urgenti tante persone danno il meglio di sé. Questa è una bella cosa, perché rivela l’animo autentico dell’uomo. Penso, ad esempio, ai medici, agli infermieri e a tutti i soggetti che lavorano nelle strutture sanitarie. Oggi vengono dipinti come eroi della situazione, in molte circostanze, invece, sono oggetto di attacchi gratuiti”, commenta ancora la donna.

Mantenere sempre lo sguardo sulle sofferenze

“Personalmente non li definisco eroi, come non era eroe Carlo: erano, sono e saranno persone che nel momento del bisogno tirano fuori il massimo. Così, mentre c’è chi è costretto a stare a casa e a vivere il proprio “eroismo” fra le quattro mura, il loro stare al fronte anche 14 ore al giorno desta in tutti noi una forte emozione”.

Carlo Urbani
L’esempio di Carlo Urbani dovrebbe servirci ad affrontare meglio oggi il coronavirus – sourceweb

Per questo, è l’appello finale, “quando tutto sarà finito, non smettiamo di preservare quello sguardo attento sulle sofferenze dell’umanità, anche se non ci toccano direttamente”.

Giovanni Bernardi

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