Batterio killer all’ospedale di Verona: “Era in un rubinetto”

Nella relazione della Commissione Sanitaria nominata dalla Regione Veneto si scopre che il batterio killer all’ospedale di Verona si trovava in un rubinetto.

Foto dal Web

Tra la fine del 2018 e l’inizio di quest’anno il Citrobacter ha causato la morte di quattro bambini nel reparto neonatale dell’Ospedale Della Donna e Del Bambino.

I 4 bambini morti e la determinazione della Mamma di Nina

L’inchiesta sull’Ospedale Della Donna e Del Bambino di Borgo Trento, Verona, è stata avviata nel gennaio del 2020. Fondamentale è stata lotta avviata da Francesca Frezza, una delle madri che ha perso la figlia appena nata a causa del Citrobacter. La sua Nina è morta nel novembre del 2019 ed è stata la seconda vittima del batterio. Prima di lei, a fine 2018, era morto il piccolo Leonardo e dopo di lei Tommaso nel marzo 2019 e Alice nell’agosto dello stesso anno. Sono 9 invece i bambini che hanno riportato lesioni cerebrali permanenti e addirittura 96 quelli colpiti dal batterio.

La donna ha accusato l’ospedale di accanimento terapeutico e di aver negato alla piccola Nina la terapia del dolore. Inoltre questa decisione è stata presa senza prima consultare il volere dei genitori: “Nina ha trovato pace e dignità solo dopo aver chiesto le dimissioni e averla trasferita all’ospedale Gaslini di Genova dove è stata amata e “curata” con amorevole assistenza fino al suo ultimo respiro”.

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La donna ha spiegato di aver voluto raccontare la sua storia affinché qualcosa di simile non accada mai più: “le cure Palliative esistono e tutti i bimbi malati e inguaribili sono un bene prezioso della società, vanno tutelati e rispettati come persone e come individui”. Per quanto riguarda la giustizia per Nina, Francesca si dice sicura che la procura sarà in grado di garantirla.

La relazione della Commissione esterna: il batterio killer si trovava nel rubinetto

I primi risultati dell’inchiesta sono giunti in queste ore. La Commissione esterna voluta dalla Regione Veneto ha infatti consegnato la relazione sul reparto. Il ritardo nei risultati è stato dovuto all’emergenza Coronavirus. L’indagine è stata infatti stoppata ed è ripresa solo lo scorso giugno, quando il reparto è stato chiuso per permettere le analisi. A quanto pare il batterio si era annidato nel rubinetto dell’acqua utilizzato dal personale della Terapia Intensiva neonatale. Si suppone che la presenza del batterio sia dovuta alla mancata o parziale igiene del rubinetto stesso. L’utilizzo di quell’acqua invece di quella sterile, dunque, avrebbe portato al contagio dei neonati.

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Luca Scapatello

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