Attenti a quello che guardano in TV i vostri bambini!

Un recente studio americano confermerebbe una convinzione assai diffusa. Rimane però aperto il dibattito sulla questione: cosa è veramente etico e cosa no?

Attenzione alle favole e alle storie che raccontate ai vostri bambini! Questo il “succo” di una recente ricerca del Buffalo College of Arts and Sciences.

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Le storie che bambini e adolescenti seguono o ascoltano possono orientare i loro valori e i loro riferimenti etici molto più di quanto si possa immaginare. Fulcro di tutta lo studio dell’ateneo americano sono i mezzi di comunicazione di massa, responsabili quasi al 1000% dell’inculturazione dei giovani.

Il ruolo dei mezzi di comunicazione

I media possono inculcare valori morali distinti e indurre i bambini a dare più o meno importanza a quei valori a seconda di ciò che viene enfatizzato in modo univoco in quel contenuto”, ha affermato Lindsay Hahn, docente di comunicazione al Buffalo College.

Mentre nel recente passato, le ricerche sociologiche si erano concentrate soprattutto sugli effetti antisociali o devianti che potrebbero essere associati a specifici contenuti mediatici, lo studio della professoressa Hahn analizza come determinanti principi etici – cura, equità, lealtà, autorità – possano influenzare l’orientamento morale dei minori.

I risultati dello studio della Hahn suggeriscono dunque una possibile integrazione della trasmissione diretta e formale dei principi morali, attraverso un approccio indiretto, determinato appunto dai mezzi di comunicazione.

Usarli “a fin di bene”?

Genitori, operatori sanitari e insegnanti si chiedono spesso come i media possano essere usati a fin di bene – spiega ancora la professoressa Hahn –. In che modo possono essere usati per scoraggiare le cattive abitudini? In che modo possono educare?”.

La studiosa riflette dunque sul ruolo delle famiglie. “Quando i genitori – prosegue – valutano quali media selezionare per i loro figli, possono prendere in considerazione quale particolare valore morale viene enfatizzato dal personaggio principale e in che modo il personaggio principale viene trattato a causa di tali azioni”.

La ricerca della professoressa Hahn ha preso in esame il protagonista di un romanzo per ragazzi, di cui è stato modificato il contenuto, riproducendo quattro versioni diverse per indurre a una riflessione sui principi etici veicolati. Una quinta versione è stata manipolata, in modo da presentare il protagonista come un personaggio amorale. Tutte le narrazioni sono state poi fatte leggere ad un totale di 200 bambini e ragazzi tra i 10 e 14 anni.

Questa fascia d’età è considerata la più feconda dal punto di vista degli studi psico-sociali, in quanto, se da un lato, per i più piccoli, l’ostacolo più grande è rappresentato dalla comprensione, per i più grandi, la sfida principale è mantenere alta la concentrazione: gli adolescenti tendono infatti ad annoiarsi di fronte a trame da loro giudicate banali e prevedibili.

Il team di ricercatori americani ha quindi elaborato una scala di valori morali, in base all’importanza che i bambini attribuiscono a tali principi, per determinare in che modo i partecipanti alla ricerca potrebbero essere influenzati da narrazioni specifiche.

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Misurare questi effetti può risultare difficile – ha puntualizzato Hahn –. Proprio per questo, oltre a testare la nostra ipotesi, un altro scopo obiettivo della nostra ricerca è quello di sviluppare dei parametri per i principi etici tra i bambini. Non siamo ancora a conoscenza di nulla del genere”. Tale misura, conclude la professoressa Hahn, potrà comunque agevolare la ricerca sugli effetti dei media sul pubblico giovanile.

Il relativismo rimane il problema n°1

La ricerca realizzata dal Buffalo College of Arts and Sciences, in un certo senso sfonda una porta aperta. Dà, cioè, conferma della convinzione radicata da decenni che i media e l’industria culturale plasmino profondamente le coscienze, quindi gli orientamenti morali dei giovani.

Il vero dilemma, però, è un altro: cosa si intende per “valori” e “principi morali”? Al giorno d’oggi, in tempi di dittatura del relativismo, una definizione univoca è molto difficile. Si pensi ai numerosi film d’animazione della Disney e della Pixar, che sdoganano apertamente l’omosessualità o gli orientamenti gender fluid.

È eticamente edificante mostrare a un pubblico infantile la fatina di Cenerentola impersonata da un uomo di colore o Superman che si scopre gay? Ovvio che messaggi di questo tipo incideranno in modo indelebile nell’immaginario di milioni di bambini e ragazzi.

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Pertanto, per l’ennesima volta, ci troviamo costretti a riportare l’asse del dibattito “a monte”: il punto non è più tanto che tipo di prodotti culturali offrire ai nostri giovani ma quali sono i principi inderogabili che animano noi adulti e che riteniamo degni di essere tramessi alle nuove generazioni.

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