
Il crocifisso, che grazie alla recente proposta di legge delle Lega tornerà in ogni ambiente pubblico, dalle scuole alle carceri, dagli uffici alle ambasciate, non mina assolutamente la laicità dello Stato, nel del singolo, tanto meno minaccia i religiosi di altri Credi.
Il crocifisso non è -e non sarà mai- un segno di divisione tra i cristiani e i non cristiani e chi ne conosce il significato reale lo comprende a pieno.
Queste sono le parole di Asmae Dachan, che ha voluto farci intendere quale rischio sta correndo il nostro popolo.
“Ricordo che prima di ogni verifica o quando qualcuno stava male, i compagni più religiosi si rivolgevano alla croce, chiedendo aiuto e raccomandavano anche a me di “pregare a modo mio”, affinché tutto andasse bene”.
“Quel simbolo ci univa, rappresentava una speranza. Quella speranza di cui tutti abbiamo un profondo bisogno, per esempio, quando siamo in ospedale e ci sentiamo vulnerabili e tristi. Anche in questa circostanza, vedere un crocifisso ricorda che la vita non finisce tra quelle quattro pareti, ma che sopra di noi e dentro di noi c’è l’immensità di Dio, quindi, la speranza, la fede, il vero antidoto alla sofferenza”.
Un’immagine che ricorda le donne di ogni tempo e ogni luogo, che piangono per la perdita dei propri figli. Un altro particolare su cui ho sempre riflettuto è che, nelle immagini del Cristo risorto, Gesù ha sempre le mani aperte, come ad accogliere l’altro, ad accarezzarlo”.
Grazie Asmae Dachan, per la sua testimonianza, nostra sorella nella fede, in un Dio che ama tutti gli uomini.
Antonella Sanicanti