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Discorsi del Papa

Papa Francesco tocca un punto fondamentale della missione di Gesù

Al centro dell’Angelus la parola del Signore sul «compimento» che dice di essere venuto a dare alla Legge a ai Profeti.

Papa Francesco si è soffermato a lungo sui limiti di una religiosità che si limita a una pratica formale senza andare al “dunque”. Senza andare ciò al vero cuore della Legge e del messaggio dei Profeti.

Papa Francesco durante l’Angelus – photo web source: Vatican News

Nell’Angelus di oggi, domenica 12 febbraio, papa Francesco ha ricordato la parola di Gesù riportata nel quinto capitolo del vangelo di Matteo: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento».

Ma cosa intende Gesù parlando di «compimento»? Questa, sottolinea Francesco, è una «parola chiave» per capire il messaggio del Salvatore. Gesù afferma infatti di essere venuto a dare «pieno compimento» alla Legge e ai Profeti.

Cosa significa «dare compimento»?

Per capire cosa significhi il compimento, il papa suggerisce da partire, come fa il Signore, da ciò che non è compimento. Ad esempio la Scrittura dice di non uccidere. «Ma questo per Gesù non basta, se poi si feriscono i fratelli con le parole», spiega Francesco. Allo stesso modo la Scrittura dice di non commettere adulterio, ma ciò non basta «se poi vive un amore sporcato da doppiezze e falsità», insiste il pontefice. Così come la Scrittura dice di non giurare il falso, ma vale ben poco se facciamo solenni giuramenti e poi agiamo con ipocrisia.

«Così non c’è compimento», ammonisce Francesco. Un altro esempio concreto è il rito dell’offerta con cui si ringraziava Dio dei suoi doni. Un rito tanto importante da non poter essere mai interrotto, se non per gravi motivi. Ma Gesù afferma che il rito va interrotto nel caso in cui un fratello dovesse avere qualcosa contro di noi, per andare a riconciliarsi con lui. Soltanto così il rito è veramente compiuto davanti al Signore.

Ecco come ci ama Dio

Il messaggio è chiaro, dice Francesco: «Dio ci ama per primo gratis, facendo il primo passo verso di noi senza che lo meritiamo». Così anche noi dobbiamo imitare il comportamento di Dio: «non possiamo celebrare il suo amore senza fare a nostra volta il primo passo per riconciliarci con chi chi ha ferito».

In altre parole, Gesù ci invita a uscire da una semplice «osservanza esterna, puramente rituale» della legge, che è «inutile» agli occhi di Dio. Il Salvatore, spiega Francesco, ci fa capire che «le norme religiose servono, le norme religiose sono buone; ma sono l’inizio, solo l’inizio: per dare loro compimento è necessario andare oltre la lettera e viverne il senso».

Figli di un Dio che è padre, non padrone

Perciò i comandamenti Dio non vanno rinchiusi nelle «casseforti asfittiche dell’osservanza formale». Altrimenti si resta all’interno di una religiosità esteriore e distaccata, «servi di un “Dio padrone” piuttosto che figli di Dio padre».

Anche noi spesso, come ai tempi di Gesù, ci limitiamo al minimo indispensabile. Ma Gesù non ragiona così: lui ci invita al massimo possibile. Questo perché Dio «non ragiona per calcoli e tabelle, Lui ci ama come un innamorato: non al minimo, ma al massimo. Non ci dice: ti amo fino a un certo punto».

L’amore, sottolinea il papa, va sempre oltre. Gesù ce lo ha mostrato donandoci la sua vita sulla croce e perdonando i suoi uccisori. In più ci ha affidato il comandamento a cui più tiene, dice Francesco: che ci amiamo come Lui ci ha amato.

Dio è innamorato di noi

Così, conclude Francesco, dobbiamo chiederci come viviamo la nostra fede. Come una questione di calcoli di formalismi? Oppure come una «storia d’amore con Dio?». Siamo inflessibili con gli altri oppure siamo misericordiosi come il Padre è stato con noi? Questo è l’amore che dà compimento alla legge, ha ricordato Francesco invocando l’aiuto della Madonna affinché lei, che ha osservato perfettamente la legge, ci aiuti a «dare compimento alla nostra fede e alla nostra carità».

photo web source

La preghiera del papa

Dopo l’Angelus il papa, dopo aver invitato a pregare per le popolazioni di Siria e Turchia, colpite dal terremoto dei giorni scori, e per il popolo ucraino, ancora martoriato dalla guerra, ha rivolto il suo pensiero al Nicaragua, da dove sono state espulse 222 persone e il vescovo di Matagalpa, monsignor Rolando Alvarez, è stato condannato a 26 anni di carcere. Il papa ha chiesto ai fedeli presenti in piazza San Pietro di pregare la Madonna.

Emiliano Fumaneri

Scritto da
Emiliano Fumaneri

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