Francesco mette in risalto un grande insegnamento che ci arriva dal Vangelo di oggi che tutti noi siamo chiamati a mettere in pratica
Non più il potere ma il servizio: è questo l’insegnamento più grande che ci arriva dal Vangelo di oggi (Mc 9,30-37).
Contano forse i soldi in banca?
Durante l’Angelus odierno, papa Francesco ha meditato sulla “frase lapidaria”, con cui Gesù mette a tacere le discussioni dei discepoli su chi «tra loro fosse più grande» (v. 34).
«Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti» (v. 35), li ammonisce Gesù, rovesciando così “criteri che segnano che cosa conta davvero”.
Non è dal “ruolo che ricopre”, dal “successo che ha”, dal “lavoro che svolge”, dai “soldi in banca”, che si individua il “valore di una persona”. Al contrario, “la grandezza e la riuscita, agli occhi di Dio, hanno un metro diverso: si misurano sul servizio”.
Proprio la parola “servizio”, oggi “appare un po’ sbiadita, logorata dall’uso”, ha osservato il Santo Padre. Nell’accezione evangelica, però, “servire non è un’espressione di cortesia” ma vuol dire “fare come Gesù, che è venuto «non per farsi servire, ma per servire» (Mc 10,45)”.
Ecco cosa accomuna i bambini ai poveri
Chiunque voglia seguire Gesù, allora, dovrà percorrere la “via del servizio”, che Lui stesso ha tracciato. “La nostra fedeltà al Signore dipende dalla nostra disponibilità a servire – ha commentato il Papa –. Questo spesso costa, ‘sa di croce’”.
Al tempo stesso, però “mentre crescono la cura e la disponibilità verso gli altri, diventiamo più liberi dentro, più simili a Gesù. Più serviamo, più avvertiamo la presenza di Dio”. In particolare, quando “serviamo chi non ha da restituirci, i poveri”, ci scopriamo, “a nostra volta amati e abbracciati da Dio”.
Poco dopo aver parlato di servizio, Gesù compie un gesto eloquente e pone un bambino “in mezzo ai discepoli, al centro, nel luogo più importante”. In questo caso, i bambini incarnano la “piccolezza”, la dipendenza dagli altri, “dai grandi, hanno bisogno di ricevere”.
I bambini, dunque, come i poveri, sono coloro che sono da servire, in quanto “hanno bisogno di ricevere e non hanno da restituire. Accogliendo chi è ai margini, trascurato, accogliamo Gesù, perché Egli sta lì. E in un piccolo, in un povero che serviamo riceviamo anche noi l’abbraccio tenero di Dio”.
Il Vangelo di oggi, dunque, dovrebbe suscitare in noi una serie di domande: “io, che seguo Gesù, mi interesso a chi è più trascurato? – ha sottolineato il Papa –. Oppure, come i discepoli quel giorno, vado in cerca di gratificazioni personali? Intendo la vita come una competizione per farmi spazio a discapito degli altri oppure credo che primeggiare significa servire?”.
Concretamente, tale Vangelo sollecita un cambiamento interiore: “dedico tempo a qualche “piccolo”, a una persona che non ha i mezzi per contraccambiare? Mi occupo di qualcuno che non può restituirmi o solo dei miei parenti e amici?”.
Vicinanza a chi non può tornare in patria
A conclusione dell’Angelus, Francesco ha espresso vicinanza alle “vittime dell’inondazione nello stato di Jalisco in Messico”. Ha altresì assicurato la sua preghiera “per le persone che sono ingiustamente trattenute in paesi stranieri”.
“Ci sono purtroppo vari casi, con cause diverse e, a volte, complesse. Auspico che nel doveroso adempimento della giustizia, queste persone possano al più presto tornare in patria”, ha aggiunto in conclusione Bergoglio.
Luca Marcolivio