Il soggiorno di papa Leone XIV ai Castelli Romani prosegue con una messa in un antico santuario mariano e con il consueto Angelus a Castel Gandolfo.

Durante l’omelia a Santa Maria della Rotonda ad Albano, il Santo Padre ha messo in luce come l’epiteto “Rotonda” e “la forma circolare, come a Piazza San Pietro e come in altre chiese antiche e nuove” ci facciano “sentire accolti nel grembo di Dio“.
L’amore di Dio è senza spigoli
“All’esterno la Chiesa, come ogni realtà umana, può apparirci spigolosa“, ha sottolineato il Pontefice, “La sua realtà divina, però, si manifesta quando ne varchiamo la soglia e troviamo accoglienza. Allora la nostra povertà, la nostra vulnerabilità e soprattutto i fallimenti per cui possiamo venire disprezzati e giudicati – e a volte noi stessi ci disprezziamo e ci giudichiamo – sono finalmente accolti nella dolce forza di Dio, un amore senza spigoli, un amore incondizionato“.
“Maria, la madre di Gesù“, ha aggiunto il Papa, “per noi è segno e anticipazione della maternità di Dio. In lei diventiamo una Chiesa madre, che genera e rigenera non in virtù di una potenza mondana, ma con la virtù della carità“.

Non il “fuoco delle armi” ma il “fuoco della bontà”
Sebbene “il mondo ci abitua a scambiare la pace con la comodità, il bene con la tranquillità“, Gesù ci dice: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49). “Forse i nostri stessi familiari“, ha osservato Leone, “come preannuncia il Vangelo, e persino gli amici si divideranno su questo. E qualcuno ci raccomanderà di non rischiare, di risparmiarci, perché importa stare tranquilli e gli altri non meritano di essere amati. Gesù invece si è immerso nella nostra umanità con coraggio“.
La messa e l’Eucaristia, quindi, alimentano “la decisione di non vivere più per noi stessi, di portare il fuoco nel mondo. Non il fuoco delle armi, e nemmeno quello delle parole che inceneriscono gli altri. Questo no. Ma il fuoco dell’amore, che si abbassa e serve, che oppone all’indifferenza la cura e alla prepotenza la mitezza; il fuoco della bontà, che non costa come gli armamenti, ma gratuitamente rinnova il mondo. Può costare incomprensione, scherno, persino persecuzione“, ha proseguito Prevost, “ma non c’è pace più grande di avere in sé la sua fiamma“.

Di seguito il Santo Padre ha ricorda che “ognuno è un dono per gli altri“. Ha quindi esortato: “Abbattiamo i muri. Ringrazio chi opera in ogni comunità cristiana per facilitare l’incontro fra persone diverse per provenienza, per situazione economica, psichica, affettiva: solo insieme, solo diventando un unico Corpo in cui anche il più fragile partecipa in piena dignità, siamo il Corpo di Cristo, la Chiesa di Dio“.
“Questo avviene quando il fuoco che Gesù è venuto a portare brucia i pregiudizi, le prudenze e le paure che emarginano ancora chi porta scritta la povertà di Cristo nella propria storia. Non lasciamo fuori il Signore dalle nostre chiese, dalle nostre case e dalla nostra vita. Nei poveri, invece, lasciamolo entrare e allora faremo pace anche con la nostra povertà, quella che temiamo e neghiamo quando cerchiamo a ogni costo tranquillità e sicurezza“, ha detto il Pontefice in conclusione dell’omelia.

La bellezza del Vangelo infastidisce chi non lo accoglie
Rientrato a Castel Gandolfo per la recita dell’Angelus, papa Leone XIV ha presentato il Vangelo odierno (Lc 12,49-53) come un “testo impegnativo“, che conferma quanto la sequela di Gesù Cristo non sia “tutta rose e fiori” ma “segno di contraddizione“. Preludendo così alla sua Passione e crocifissione, Gesù mette in luce come “il suo messaggio, pur parlando d’amore e di giustizia, sarà rifiutato quando i capi del popolo reagiranno con ferocia alla sua predicazione“.
Del resto, ha rimarcato il Santo Padre, anche gli Atti degli Apostoli mostrano i primi cristiani come “comunità pacifiche che, pur con i loro limiti, cercavano di vivere al meglio il messaggio di carità del Maestro, eppure subivano persecuzioni. Tutto questo“, ha aggiunto, “ci ricorda che non sempre il bene trova attorno a sé una risposta positiva. Anzi, a volte, proprio perché la sua bellezza infastidisce quelli che non lo accolgono, chi lo compie finisce con incontrare dure opposizioni fino a subire prepotenze e soprusi“.

“Agire nella verità“, ha proseguito il Pontefice, “costa perché nel mondo c’è chi sceglie la menzogna e perché il diavolo, approfittandone, spesso, cerca di ostacolare l’agire dei buoni. Gesù però ci invita con il suo Aiuto a non arrenderci e a non omologarci a questa mentalità, ma continuare ad agire per il bene nostro e di tutti, anche di chi ci fa soffrire. Ci invita a non rispondere alla prepotenza con la vendetta, ma a rimanere fedeli alla verità nella carità“.
Anche genitori e insegnanti pagano un prezzo
I martiri danno testimonianza a Cristo “spargendo il sangue per la fede. Ma anche noi“, ha sottolineato il Papa, “in circostanze e con modalità diverse, possiamo imitarlo. Pensiamo ad esempio al prezzo che deve pagare un buon genitore se vuole educare bene i suoi figli secondo principi sani. Prima o poi dovrà saper dire qualche no, fare qualche correzione e questo gli costerà sofferenza. Lo stesso vale per un insegnante che desideri formare correttamente i suoi alunni per un professionista, un religioso, un politico che si propongano di svolgere onestamente la loro missione e per chiunque si sforzi di esercitare con coerenza, secondo gli insegnamenti del Vangelo, le proprie responsabilità“.

Dopo la recita della preghiera mariana, Leone XIV ha espresso vicinanza “alle popolazioni del Pakistan, dell’India e del Nepal colpite da violente alluvioni. Prego per le vittime e i loro familiari e per quanto soffrono a causa di queste calamità“. Infine, il vescovo di Roma ha esortato alla preghiera “perché vadano a buon fine gli sforzi per far cessare le guerre e promuovere la pace, affinché nelle trattative si ponga sempre al primo posto il bene comune dei popoli“.