Il disagio degli adolescenti: un dramma che cresce a ritmi vertiginosi

Crescono le difficoltà psicologiche in cui sprofondano i giovani. Un vuoto che aumenta e che solo Gesù, insieme alle famiglie e agli affetti umani, può colmare.

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Gli adolescenti sono sempre più fragili, fanno molta fatica ad affrontare le inquietudini, le preoccupazioni, le ansie. In tutto ciò, la pandemia e il lockdown hanno peggiorato in maniera drammatica la condizione dei giovani. I dati raccolti negli ultimi dieci anni dalla Neuropsichiatria infantile dell’ospedale Regina Margherita della Città della Salute di Torino mostrano una realtà davvero preoccupante.

Il dramma del disagio psicologico in costante crescita

Nella struttura ospedaliera, ciò che si registra anzitutto è l’incremento dei ricoveri per tentato suicidio. Nel 2009 erano stati solo sette nella struttura specifica, mentre nel 2020 sono arrivati a trentacinque. L’aumento è quindi di cinque volte. 

La questione pone perciò domande molto serie sulla società che stiamo costruendo con le nostre mani, e sul disagio nascosto che cresce. Che si tende a rimuovere, silenziare, o comunque a non affrontare. Gli esperti parlano di una emergenza psichiatrica, in preadolescenza e in adolescenza, “in esplosione”.

Il numero di accessi al pronto soccorso cresciuto del 30 per cento

Le Società di Neuropsichiatria infantile riportano un numero di accessi al pronto soccorso tra 10 e 17 anni cresciuto negli ultimi anni di almeno il 30 per cento. Con una moltiplicazione dei ricoveri ordinari tra 12 e 17 anni dell’otto per cento, a partire dal 2004.

Insomma, l’aggravamento del disagio adolescenziale registra un aumento vertiginoso. Molti di questi giovani sviluppano idee suicide, vogliono farla finita. Nei Day hospital psichiatrico questo tipo di ideazione è passata dal 10 all’80 per cento dei pazienti in carico. Il 30-40 per cento ha effettuato un ricovero per un tentativo di suicidio.

Covid e lockdown hanno aumentato i disturbi in maniera vertiginosa

Se si prende come riferimento il territorio dell’Asl Città di Torino, i numeri parlano di una crescita del ritiro sociale di 28 volte, dei disturbi depressivi di 26 volte, dei disturbi bipolari di 12 volte, dei disturbi della condotta alimentare di 9 volte e infine per quelli generici della condotta di 1 volta e mezza.

In tutto ciò, il problema della pandemia, del lockdown e del confinamento sociale ha aumentato vertiginosamente la pressione sugli stessi adolescenti. Gli studi relativi al cosiddetto “effetto lockdown” parlano di un rischio di sviluppare depressione tra i bambini e gli adolescenti aumentano in maniera molto netta durante l’isolamento forzato.

Curare il disagio psicologico dei giovani: bisogna andare alla radice

Sono diversi i progetti che sono stati lanciati nelle città per tentare di affrontare la problematica dal punto di vista psicologico. Tuttavia, non basta. C’è bisogno di ricreare una comunità fatta di relazioni umane autentiche, sane, concrete, che camminino insieme verso un orizzonte comune, verso una gioia che non è tale quando non è condivisa.

C’è bisogno cioè di affrontare le cause del male alle radice, di sradicare l’indifferenza che, come Papa Francesco denuncia continuamente, sembra essere diventata la cifra identificativa del mondo in cui viviamo. C’è bisogno di tornare a Cristo, alla fede in Lui e nella Sua opera misericordiosa e di redenzione per la vita di ciascuno.

Giovani e disagio psicologico: senza il Signore, ogni sforzo e vano

Senza il Signore, infatti, ogni sforzo e vano, e solo Lui è capace di guarire veramente le piaghe del nostro cuore. Non c’è cura che tenga, se il Signore non abita nelle nostre vite e nei nostri cuori. La secolarizzatone, la scristianizzazione, la mancanza di fede, di una comunità salda che viva i loro legami più autentici in Gesù Cristo, la deriva atea della società, sono tutti segnali che stanno esattamente alla base di questo disagio.

Se i giovani non riescono a trovare risposte di fronte al male, è compito degli adulti, degli educatori e delle comunità offrire risposte soddisfacenti e proposte che invitino a un cammino condiviso. Non ci si può tirare indietro da questa responsabilità, come non si può certamente delegare tutto alla scienza, in una forma di egoismo e individualismo esasperato che relega ogni gesto di umanità a qualcosa di superfluo.

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C’è bisogno, al contrario, di ritrovare l’amore vero per il prossimo e per la vita, la stessa che il Signore ci ha donato affinché la possiamo utilizzare al meglio per portare avanti la Sua opera e testimoniare la venuta del Suo regno su questa terra.

Giovanni Bernardi

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