73 milioni di bambini uccisi in un solo anno, la “guerra” più grande dei nostri tempi

La guerra uccide, non c’è alcun dubbio. Ma ancora di più uccide l’indifferenza nei confronti della strage silenziosa che si consuma ogni giorno con la tragedia dell’aborto. Non per nulla Madre Teresa lo definiva il più grande distruttore della pace del nostro tempo.

Cartello aborto
Le cifre sugli aborti nel mondo sono impressionanti – lalucedimaria.it

A fine 2024 l’Uppsala Conflict Data Program (UCDP) ha registrato almeno 61 conflitti attivi nel mondo con il coinvolgimento di almeno uno Stato. Due in più rispetto all’anno precedente. Si tratta del numero più alto dal 1946. Secondo le stime UCDP, sempre nel 2024 le decine di conflitti sparsi in giro per il mondo avrebbero causato quasi 160.000 vittime.

In gran parte le morti per le guerre si sono concentrate in Ucraina (circa 76.000 morti in battaglia nel 2024). Ma anche nel conflitto in Medio Oriente (circa 26.000 morti, il 94% dei quali civili o di identità sconosciuta). Fa particolarmente preoccupare il fatto che dal 2010 il numero di conflitti che coinvolgono Stati sia quasi raddoppiato e il numero totale dei morti quintuplicato.

Appare dunque legittima la preoccupazione diffusa nella società per i temi della guerra e della pace. Lo testimoniano le centinaia di migliaia di persone che hanno preso parte alle varie manifestazioni pro Gaza che il 3 ottobre 2025 hanno accompagnato lo sciopero generale indetto principalmente dalla Cgil.

Non per nulla papa Francesco ha parlato in più occasioni del pericolo di una «terza guerra mondiale a pezzi». E agli osservatori più attenti non sono sfuggite le parole pronunciate dal pontefice argentino in uno degli ultimi viaggi apostolici, in Lussemburgo e Belgio, quando nel castello di Laeken (Bruxelles) il Papa disse testuale: «Siamo vicini a una guerra quasi mondiale» (27 settembre 2024).

Il pericolo (verissimo) della guerra nucleare 

I pezzi di una guerra ormai quasi mondiale potrebbero unirsi se dovesse attivarsi il terzo dei dossier considerati più “caldi” (insieme al Medio Oriente e Ucraina). Ci riferiamo a Taiwan, dove le due maggiori superpotenze mondiali, Stati Uniti e Cina, potrebbero affrontarsi direttamente. Nel libro intitolato Guerra nucleare, la giornalista americana Annie Jacobsen stima in oltre 12.300 il numero di testate nucleari presenti nel mondo, con Russia e Stati Uniti a dividersi più o meno equamente l’87% delle bombe atomiche esistenti sul pianeta.

Esplosione atomica
La guerra nucleare è una minaccia terribile e concreta – lalucedimaria

Secondo Jacobsen lo scoppio di una guerra nucleare potrebbe causare un’ecatombe mai vista nella storia in un lasso di tempo sorprendentemente breve: circa 5 miliardi di morti in meno di 72 minuti. Senza contare gli effetti post-bellici (inverno nucleare decennale, distruzione dell’ozonosfera, necessità di rifugiarsi sotto terra per proteggersi dalle radiazioni e dalle malattie, ecc.).

Al di là delle stime e delle tempistiche, non è difficile capire che una guerra nucleare metterebbe a rischio la sopravvivenza stessa della specie umana. La civiltà per come l’abbiamo conosciuta finora verrebbe spazzata via. È particolarmente inquietante quanto scrive Jacobsen sul Single Integrated Operational Plan (SIOP) del 1960, il primo piano operativo nucleare integrato degli Stati Uniti, concepito per coordinare l’uso di tutte le forze nucleari strategiche in caso di guerra su vasta scala con l’Unione Sovietica.

Una macchina genocida meticolosamente pianificata

Si trattava di un piano segreto che, se messo in pratica, avrebbe potuto provocare almeno 600 milioni di vittime, metà delle quali nei paesi confinanti con l’Unione Sovietica (a causa della ricaduta radioattiva provocata dal fallout). In sostanza il Pentagono aveva compilato un piano di guerra che avrebbe eliminato, in un primo colpo nucleare preventivo, un quinto della popolazione mondiale (che allora viaggiava sui tre miliardi di persone).

Solo uno dei vertici militari – il generale David M. Shoup, comandante del Corpo dei marines – avanzò un’obiezione morale sull’omicidio indiscriminato di 600 milioni di persone. Ma nessuno si unì alla sua posizione contraria a un piano elaborato da una macchina burocratica e militare che accettava consapevolmente una strage su scala mai vista sulla base di un calcolo freddo e impersonale di vite umane considerate “sacrificabili”.

Hiroshima
Le bombe atomiche di oggi sono molto più potenti di quella che devastò Hiroshima – lalucedimaria.it

Ancora più inquietante sapere che il SIOP ha lasciato spazio a versioni moderne più “flessibili” e “graduali” (OPLAN). La logica di fondo però non è cambiata. Il Pentagono continua a mantenere piani pronti per l’impiego di un arsenale atomico in caso di crisi estrema. Per dirla in altri termini, la macchina genocida del “Doomsday Plan” non è mai stata smantellata, solo raffinata.

Tutto questo per dire che le élite belliche della società più tecnologicamente avanzata, che si presenta come il vertice della democrazia, si sono rese protagoniste di una discesa verso un “cuore di tenebra”. Si sono ammantate di una profonda oscurità morale indifferente all’idea di spazzare via in maniera disciplinata e meticolosa una massa immensa di esseri umani.

A tanto può giungere l’umanità quando si fa guidare da quella che San Tommaso d’Aquino chiamava prudentia carnis. La prudenza nel male: il male fatto con calcolo, il male pianificato, la distruzione organizzata con metodo e armata di “buone intenzioni”Un esempio da manuale di quella che il grande papa Giovanni Paolo II bollò come «cultura della morte».

Il bioeticista Lino Ciccone la definisce «una visione socialmente diffusa che considera la morte provocata di intere categorie di esseri umani con un certo favore». La stessa indifferenza alla morte di esseri umani – ormai totalmente disumanizzati, considerati alla stregua di cose immolabili sull’altare del progresso e della volontà di potenza – la possiamo toccare con mano nella tragedia dell’aborto.

73 milioni di bambini uccisi in un solo anno

Ogni anno, stando a stime Oms riprese dal sito Worldometer, vengono indotti 73 milioni di aborti, circa 200.000 al giorno. Una distruzione della vita che sgomenta per vastità, pari a quasi tre gravidanze su dieci. E che sopravanza di gran lunga le vittime delle guerre in un intero anno. Ma anche una cifra abbondantemente superiore a quella che l’Oms indica come la prima causa di morte nel mondo. Parliamo delle malattie del sistema cardiocircolatorio (cardiopatie e ictus), che uccidono 17 milioni di persone.

Attivista pro-aborto
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Fa ancora più impressione il confronto con le morti in guerra che, come visto, nel 2024 si attestano intorno alle 160.000. Colpisce ancora di più constatare come buona fetta di quelli che invocano la pace nella piazze siano poi i primi a parteggiare per l’aborto sempre più libero. Pensiamo solo ai socialisti spagnoli, che intendono seguire i francesi sulla strada della costituzionalizzazione dell’aborto.

La realtà è che l’aborto e, in generale il controllo ossessivo sulla vita, è una conseguenza della società del benessere. Come mostra il medico e statistico svedese Hans Rosling nel suo Factfullness, il calo delle nascite delle società moderne è un effetto spontaneo dello sviluppo. Un tipico prodotto di società economicistiche dove a contare è una morale della vita lunga (la cosiddetta “qualità della vita”).

Si vogliono meno figli e di miglior “qualità” (più istruiti, più sani, meglio nutriti). «La soluzione ovvia era ridurne il numero», conclude Rosling. In altre parole, per avere benessere e pace si accetta una guerra silenziosa e con i “guanti bianchi” condotta contro i bambini nel ventre materno. Anziché proteggere deboli e inermi dalle sozzure del mondo si rovescia quello che Chesterton ha definito il paradosso cristiano della carità o della cavalleria, «per cui quanto più una cosa è debole, tanto più è da rispettare».

L’uso della forza non per proteggere, ma per schiacciare la vita nascente. Idolatria della forza, massimo vertice del disprezzo odierno per la debolezza che si esprime nella giustificazione teorica e pratica dell’aborto.

La povertà morale delle società del benessere

È la stessa mentalità anti-vita ad accomunare sinistramente i partigiani dell’aborto ai grigi burocrati militari indifferenti alla cancellazione in massa di vite umane. In questo senso continua a colpire la forza profetica delle parole pronunciate da una santa della carità come Madre Teresa di Calcutta, che nel 1979, in occasione della consegna del Nobel per la pace, ricordò alle nazioni più ricche e potenti della Terra, le prime e più zelanti nella legalizzazione dell’aborto, quanto si fossero moralmente impoverite.

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Accogliere la vita: per Madre Teresa è la sola via per la pace – lalucedimaria.it

«Il più grande distruttore della pace oggi è il grido dell’innocente bambino non ancora nato. Perché se una madre può assassinare il proprio figlio nel proprio grembo, che cosa resta a te e a me per ucciderci a vicenda?», disse Madre Teresa. «Per me le nazioni che hanno legalizzato l’aborto sono le nazioni più povere. Hanno paura del piccolino, hanno paura del bambino non ancora nato, e il bambino deve morire perché non vogliono nutrire un bambino in più, educare un bambino in più, il bambino deve morire». 

Il messaggio è chiaro: l’umanità non avrà pace finché non muoverà guerra per spezzare il cuore di tenebra che considera un diritto umano la distruzione dei bimbi non nati, supremo oltraggio alla fragilità dell’esistenza umana in seno a nazioni che si considerano “civilizzate” e “progredite”. Solo chi accoglie la vita più inerme potrà accogliere il Principe della Pace.

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