San Girolamo è l’autore della Vulgata, la traduzione della Bibbia in lingua latina. Con la sua opera ha dato un enorme contributo alla conoscenza della Sacra Scrittura.

“Ignorare le Scritture è ignorare Cristo“, era questo il motto di San Girolamo, che la Chiesa ricorda oggi 30 settembre. Autore della Vulgata, la traduzione in lingua latina delle Sacre Scritture, questo santo ha così contribuito notevolmente alla conoscenza della Parola di Dio e ha avuto il riconoscimento di Dottore della Chiesa.
Era nato a Stridone, in Dalmazia nel 347 da una nobile famiglia. Nel suo nome c’è inscritta la sua vocazione, infatti Hyeronimus, vuol “nome sacro“. E lui si è interessato per tutta la vita delle cose sacre, tanto da compiere un lavoro di inestimabile valore.
Santo di oggi 30 settembre: San Girolamo
Studiò le lingue antiche, latino, greco ed ebraico. Studiò a Costantinopoli ed ebbe come maestro san Gregorio Nazianzeno. Lì imparò la lingua greca, poi, andato a Betlemme studiò l’aramaico. Nella maturità si trasferì a Roma, all’età di 38 anni diventò sacerdote. Già da tempo aveva avvertito la vocazione a vivere in stile ascetico ed era andato in Oriente per questo. Anni prima colpito da una malattia, mentre si trovava a letto con la febbre alta aveva inziato la lettura della Sacre Scritture e se ne era appassionato.
Trasferitosi a Roma venne in contatto con papa Damaso e ne diventò uno stretto collaboratore. Essendo un erudito ebbe dal pontefice un incarico di enorme importanza. Fu papa Damaso, infatti, a commissionargli la traduzione della Bibbia in lingua latina. Ne nacque la cosiddetta e famosa Vulgata. Per compiere questa impresa san Girolamo impiegò molti anni, esattamente 23, fino alla fine della sua vita.
“Ignorare le Scritture è ignorare Cristo”
San Girolamo era convinto di quanto fosse essenziale conoscere bene e a fondo le Sacre Scritture per poter davvero conoscere Gesù. Nel Prologo al Commento del libro del profeta Isaia scrisse questa frase “Ignorare le Scritture è ignorare Cristo” che rimase una delle frasi con cui è massimamente ricordato.
La sua traduzione della Bibbia costituì un caposaldo su cui si basarono poi le traduzioni nei secoli successivi e rimase una pietra miliare fino al Novecento. Il Santo trascorse la sua vita a mettere a punto questo lavoro e in tarda età andò a vivere a Betlemme, dove morì, a 73 anni, il 30 settembre 420.
Lì aveva anche fondato un monastero, che si trovava a poca distanza dalla basilica della Natività. Fu tra i primi quattro santi ad essere dichiarato Dottore della Chiesa, riconoscimento che gli fu dato nel 1298.
La spiritualità e i miracoli
Nonostante volesse vivere in stile eremitico, gli fu richiesto dal pontefice di stare nel mondo, così lui per obbedienza lo fece. La sua spiritualità si basava su un’intensa preghiera e su rinunce e penitenze. Si adoperò anche per confutare le eresie del suo tempo, tra cui quella pelagiana. Nella disputa sulla questione del celibato ecclesiastico si schierò a favore.
Oltre alla traduzione della Bibbia la sua attività di erudito si esplicò anche nella composizione di opere di carattere storiografico, apologetico e agiografico. Si ricordano il De viris illustribus e il Chronicon. La sua santità generava conversioni già da quando era in vita.
Si narra un episodio molto significativo: è chiamato la “leggenda del leone” ed è raccontato da Jacopo da Varazze nella Legenda Aurea. Sembra che un gioro davanti alla porta del suo monastero si presentò un leone ferito.
Tutti erano spaventati, ma san Girolamo no e anzi, gli curò le ferite alle zampe. Poi, il leone rimase nel monastero e faceva la guardia al loro asino. Quando una volta questo fu rapito da alcuni mercanti e il leone ritornò dal pascolo da solo, si pensò che lo avesse mangiato. Il leone prese a fare il lavoro dell’asino e successivamente incontrò i mercanti. Questo si mise a ruggire e loro si pentirono e convertendosi andarono da san Girolamo e confessarono di aver rubato l’asino chiedendo perdono.