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Willy, il clochard che Papa Francesco nominò re.

Papa Francesco ha voluto fosse sepolto tra le tombe dei nobili. Willy Herteleer, questo il suo nome, era uno dei tanti poveri che hanno eletto loro dimora ideale la città santa, stazionano sotto il colonnato o nelle vie intorno alla Basilica. Era povero Willy, ma non era solo. Era un mite, una figura benevola e familiare per gli abitanti della zona e per i sacerdoti della Città Leonina. Oltre alla dolcezza non aveva altro, se non i ricordi di una vita tormentata, gli abiti che indossava, un piccolo bagaglio. Un santo pellegrino, a suo modo, che girovagava intorno a luoghi santi non più di lui. Pregava spesso. «La mia medicina è la comunione» diceva. Era quasi un principe, nel suo essere fedele alla propria povertà da decenni, con le Guardie Svizzere che lo riconoscevano chiamandolo “l’Araldo di Sant’Anna” quando si avvicinava ad una delle porte del piccolo Stato. Fiammingo di nascita, indifeso per sventura o sconosciuta vocazione, Willy viveva della carità altrui, uno degli infiniti rivoli da cui discende l’amore dell’Eccelso: una coperta, un po’ di denaro, una parola. E l’amore aveva preparato qualcosa per lui, quando tutto sarebbe finito e non avrebbe più dovuto preoccuparsi della fame o del freddo.

E’ stato proprio il freddo di una notte, la scorso gennaio, a portarlo via. Qualcuno osserva, chiama i soccorsi ma è tardi. Willy muore all’ospedale Santo Spirito in Sassia. Passano i giorni e la sua assenza appare meno discreta di quella che fu la sua presenza. Qualcuno chiede di lui: è Monsignor Americo Ciani, giurista e canonico di San Pietro. Willy era diventato suo amico; pregavano insieme, nella Basilica o nella piccola chiesa di Sant’Anna. Sapevano qualcosa l’uno dell’altro. La ricerca di Monsignor Ciani è breve: passa per l’ospedale e giunge all’obitorio. Willy è lì. E non solo: sarà nei pensieri e nelle parole del prelato, spesso, nelle ore e nei giorni successivi. Un amico, un altro suo amico, chiede a Monsignor Ciani il perché di tanta tristezza. E lui parla di Willy Herteleer, del suo amico morto di freddo, qualche notte prima. Willy, l’uomo che conoscevano in tanti ma non aveva nessuno: “Santità, non sanno dove seppellirlo” dice. “Diamogli una degna sepoltura in Vaticano” è la risposta di Papa Francesco.

L’amicizia ha detto l’ultima parola sulla vita di Willy Herteleer. Il “senza dimora” è stato accolto ed è tornato a Casa, accompagnato da esequie degne di un principe. Riposa accanto alla Basilica, nobile tra i nobili, nel più antico cimitero germanico di Roma. Un evento mai avvenuto prima, dicono. E’ invece accaduto, infinite altre volte, in forme diverse, in tutte le forme possibili, nascoste o incomprese, perché senza quell’amore che ha sostenuto misteriosamente Willy Herteleer in vita, e si è rivelato non con minor forza dopo la sua morte, non una sola pietra dei luoghi dove ha pregato o nei luoghi dove ha dormito sarebbe durata più di un mattino. Nessuna terra avrebbe potuto attendere il suo riposo. E senza l’amore nessuna parola sarebbe potuta essere mai pronunciata. Non il nome di Willy, non quello di Americo, né il nome di Francesco.

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