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Vivo la mia omosessualità da cattolico

L’omosessualità è un tema a lungo dibattuto nel corso degli ultimi trent’anni, questo perché c’era la necessità che la società accettasse che ci sono persone che hanno queste tendenze sessuali e permettesse loro di non essere discriminate per le loro scelte. Se attraverso un processo lungo e controverso si è arrivati ad accettare l’omosessualità come parte integrante di un tessuto sociale composito, questo non significa che la questione “Giusto/Sbagliato” abbia trovato una risposta definitiva.

Se da un lato infatti ci sono i progressisti che sostengono che gli omosessuali nascono tali, c’è chi come i cattolici si oppone e fa notare come nessuno nasca con un terzo genere. Sulla base di questo scontro teorico si dipanano questioni di vario genere che per il momento è bene tralasciare. In questa sede, infatti, ci preme riportare alcuni stralci di un post che il giornalista Giorgio Ponte ha pubblicato lo scorso 20 ottobre sul proprio blog ‘Liberi di Amare’. Ponte ha abbracciato lo stile di vita omosessuale per diverso tempo ma non ha mai perso la fede in Dio e dopo anni di esperienze personali dice di aver compreso ed abbracciato il perché la Chiesa Cattolica condanni l’omosessualità.

Lo scrittore premette di non voler dare una linea guida né di voler esprimere un giudizio globalizzante sulla questione che, per sue stesse parole, è molto complessa da analizzare. Il suo post vuole essere la semplice condivisione della propria esperienza, la stessa che lo ha portato a determinate conclusioni in merito all’omosessualità. Per mettere in chiaro che la sua visione non è soggetta ad una strumentalizzazione dogmatica Ponte spiega: “In un’epoca in cui, più di ogni altra, siamo chiamati a rendere ragione di quello che crediamo, io ho cercato quelle ragioni umane che supportassero ciò che mi veniva detto per fede: che avere rapporti sessuali con un altro uomo non mi avrebbe fatto bene. Per inciso, questo è anche ciò che inviterei a fare a chi si preoccupa di una pastorale per chi ha ferite dell’identità: prima di deporre le armi di fronte al pensiero dominante, come molti sacerdoti e vescovi stanno facendo (in buona o cattiva fede), verificate se non ci siano risposte umane che diano ragione di quanto la Chiesa propone e dice su questo argomento”.

Questo percorso di ricerca, dice ancora lo scrittore, lo ha portato di fronte ad un modello teorico che supporta la teoria della Chiesa: “A un certo punto del mio cammino, infatti, mi è stata data la grazia di scoprire alcuni impianti teorici e scientifici che supportavano in maniera solida quello che io avevo verificato nella mia esperienza personale e in quella di tutti gli uomini che avevo incontrato: che l’omosessualità non è immutabile, ha delle ragioni, e va compresa per tutti i comportamenti ad essa correlati che impediscono una vita pienamente libera, al di là di quelli strettamente sessuali. Tali studi sono tra l’altro gli unici coerenti con la visione e le richieste della Chiesa. Mi riferisco alla cosiddetta Teoria Riparativa, di cui magari parlerò più nello specifico in un’altra occasione e di cui il defunto Joseph Nicolosi era uno dei padri”.

Secondo Ponte, dunque, l’errore dei pastori non è quello di dire ai propri fedeli che l’omosessualità è sbagliata o che l’astinenza dal sesso per chi è in crisi d’identità è giusta; l’errore dei pastori è non avere delle basi su cui poggiare le proprie risposte. Per troppo tempo, aggiunge lo scrittore, la Chiesa si è trincerata dietro alle verità dogmatiche rispondendo alle domande dei fedeli con un semplice “Perché sì”, una risposta che nella società attuale non basta più: “Per questo motivo oggi chi cita il Catechismo sul tema dell’omosessualità viene accusato di dogmatismo. Perché quando si chiede perché è bene per una persona con tendenze omosessuali non ascoltare quello che per lei sembra un desiderio istintivo di amore, la risposta che più facilmente si ottiene può essere riassunta più o meno in un “perché sì’ ”.

Luca Scapatello

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Luca Scapatello

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