(Parte prima)
Se state allestendo il presepe (o lo avete già fatto) con l’aiuto dei vostri bambini (o dei vostri genitori), se state preparando un paesaggio consono alla venuta nel Signore nella vostra “grotta personale” e nel vostro cuore, non dimenticate di rivolgere un pensiero o una preghiera a coloro che, in tanti Paesi nel mondo, non possono professare liberamente la nostra fede.
Al tempi della nascita di Gesù, non mancarono certo le persecuzioni e gli eccidi, perpetuati a causa della fede in Dio; a più di 2000 anni di distanza, le cose non sono cambiate molto.
Attualmente, sia l’ideologia comunista che il fondamentalismo islamico rappresentano i nuovi persecutori dei cristiani e impongono di non festeggiare il Natale, in molti Stati.
Nel Brunei, un Paese musulmano per 65% della popolazione, situato nel Sud-Est asiatico, il Sultano (monarca assoluto) Hassanal Bolkiah ha stabilito di infliggere 5 anni di prigione a chiunque fosse sorpreso a “pensare” al Natale; addirittura è proibito inviare auguri di Natale a parenti ed amici.
I cristiani del Brunei possono celebrarlo solo relegati nei loro gruppi e con consenso esplicito delle autorità.
In Somalia, nell’Africa orientale, Paese in cui i cristiani sono pari quasi a 0, a causa degli attentati degli estremisti islamici, il Natale e il Capodanno sono ritenuti delle minacce per la fede musulmana, quindi, proibiti.
Le parole dello Sceicco Mohamed Khayrow sono state: “Tutti gli eventi collegati (a queste celebrazioni) sono contrari alla cultura islamica” e potrebbero suscitare attacchi da parte del gruppo Al-Shabab, che, già nel 2014, proprio nel giorno di Natale, attaccò la sede dell’Unione Africana a Mogadiscio, capitale della Somalia.
Anche nel Tagikistan dell’Asia Centrale, anch’esso Paese islamico, già da qualche tempo, si proibiscono la trasmissione di film sul Natale, l’allestimento degli alberi di Natale, le consegne e gli scambi di regali, i fuochi artificiali e i pranzi per le feste.
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