Udienza generale del Papa: “Perché il Maligno odia la preghiera?”

Nell’udienza generale odierna, papa Francesco si è soffermato sulla preghiera come fatto comunitario, che rafforza la Chiesa nel suo insieme.

La fede si trasmette di generazione in generazione in primo luogo attraverso la preghiera. Si può imparare a pregare da chiunque: dai propri familiari ai maestri di spiritualità.

Senza preghiera non ce la faremmo mai…

La Chiesa è una grande scuola di preghiera – ha spiegato il Santo Padre –. Molti di noi hanno imparato a sillabare le prime orazioni stando sulle ginocchia dei genitori o dei nonni. Alcuni probabilmente custodiscono il ricordo delle preghiere insegnate da mamma e papà “prima di andare a dormire.

Crescendo nel cammino di fede, poi, si incontrano “testimoni e maestri di preghiera”. La stessa vita parrocchiale o comunitaria è scandita “dai tempi della liturgia e della preghiera comunitaria”. Questo “abito della fede” si sviluppa con noi anche “attraverso momenti di crisi e risurrezioni”. In particolare, le crisi, ha ricordato il Pontefice, sono essenziali per “crescere.

In tutti i momenti decisivi della nostra vita, “ci accorgiamo che senza la fede non avremmo potuto farcela e che la preghiera è stata la nostra forza”. Alla preghiera personale, però, va sempre affiancata la preghiera comunitaria nei gruppi ad essa dedicati.

C’è anche chi fa della preghiera l’“azione principale delle sue giornate”, in “monasteri”, “conventi” o “eremi”, dove “vivono persone consacrate a Dio e che spesso diventano centri di irradiazione spirituale”. Molti di questi luoghi sono diventati fondamentali “non solo per il tessuto ecclesiale ma per la società stessa”; così è avvenuto con il “monachesimo” per la “nascita e la crescita della civiltà europea, e anche in altre culture”.

Le riforme nella Chiesa? Inutili senza preghiera…

Nella Chiesa, ogni cosa “nasce nella preghiera, e tutto cresce grazie alla preghiera”. È anche per questo che “il Maligno”, quando vuole distruggerla “lo fa prima di tutto cercando di prosciugare le sue fonti, impedendole di pregare”.

A braccio, il Papa ha fatto riferimento a “certi gruppi che si mettono d’accordo per portare avanti riforme”, mobilitando i media. Eppure, si è domandato Francesco, in tutto ciò, “dov’è la preghiera?”. I “cambiamenti senza preghiera”, ha aggiunto, non sono “cambiamenti di Chiesa ma “di gruppo”.

La preghiera è essenziale per tutti i fedeli, nessuno escluso. Lo testimoniano, più degli altri, i santi, che “non hanno una vita più facile degli altri ma che trovano la loro forza “nella preghiera”, che “attingono sempre dal ‘pozzo’ inesauribile della madre Chiesa”.

I santi – ha proseguito Bergoglio – che spesso agli occhi del mondo contano poco, in realtà sono quelli che lo sostengono, non con le armi del denaro e del potere, dei media e della comunicazione ma con le armi della preghiera”.

Prego col cuore o “a pappagallo”?

C’è poi una domanda di Gesù, che è molto attuale: «Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8). O troverà, si è domandato il Santo Padre, soltanto organizzazioni” o “imprenditori della fede” che svolgono opere caritative ma non pregano? È importante, allora, che “la lampada della fede” rimanga “sempre accesa sulla terra finché ci sarà l’olio della preghiera”.

È la preghiera che “porta avanti la fede” e la “nostra povera vita peccatrice”. Alcune domande che dovremmo farci, ha osservato il Pontefice, è: “Prego come i pappagalli o col cuore? Prego nella Chiesa e per la Chiesa o secondo le mie idee, facendo che le mie idee diventino preghiera?”. In quest’ultimo caso, sarebbe una “preghiera pagana”.

Il Papa ha concluso la catechesi, con l’auspicio che ogni cristiano possa “trasmettere di generazione in generazione la lampada della fede con l’olio della preghiera”.

Luca Marcolivio

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