Udienza generale: il Papa mette in guardia da un certo tipo di “predicatori”

Taluni predicatori che popolano i nuovi mezzi di comunicazione sono “rigidi”, fuorvianti e non conducono a Gesù Cristo.

La lettera di San Paolo ai Galati ci offre un’ottima road map per l’evangelizzazione. È proprio su questo libro neotestamentario che verterà il nuovo ciclo di catechesi di papa Francesco, inaugurato oggi.

Lettera ai Galati: un libro attualissimo

Nel corso dell’udienza generale, il Santo Padre ha definito la lettera ai Galati come un documento “molto importante” e decisivo, per il modo in cui riesce a mostrare la “bellezza del Vangelo.

Oltre a svariati “riferimenti biografici”, riguardanti in particolare la sua “conversione”, San Paolo affronta “alcune tematiche molto importanti per la fede”. In modo particolare, l’Apostolo delle Genti si sofferma sulla “libertà”, sulla “grazia” e sul “modo di vivere cristiano, che sono estremamente attuali perché toccano tanti aspetti della vita della Chiesa dei nostri giorni”.

Il “primo tratto” che emerge dalla lettera ai Galati è la “grande opera di evangelizzazione messa in atto dall’Apostolo”, proprio in terra di Galazia. Si trattava di una “antica popolazione celtica” di dubbia collocazione geografica, stabilitasi poi nell’Anatolia centrale, a ridosso di Ancyra, l’attuale Ankara.

Un popolo al bivio

Paolo scrive di essersi fermato in quella regione “a causa di una malattia” (cfr Gal 4,13), mentre San Luca individua una “motivazione più spirituale. Negli Atti, infatti, si legge che «attraversarono la Frigia e la regione della Galazia perché lo Spirito Santo aveva impedito loro di proclamare la Parola nella provincia di Asia» (16,6).

Eppure, ha commentato il Pontefice, i due assunti “non sono in contraddizione tra loro ma, piuttosto, rivelano che “la via dell’evangelizzazione non dipende sempre dalla nostra volontà e dai nostri progetti, ma richiede la disponibilità a lasciarsi plasmare e a seguire altri percorsi che non erano previsti”. In ogni caso, grazie alla sua “indefessa opera evangelizzatrice”, Paolo aveva fondato “diverse piccole comunità, sparse nella regione della Galazia”.

Dopo aver fondato queste chiese, Paolo si accorse del “grande pericolo” che esse correvano per la loro “crescita nella fede”. La minaccia arrivava da “alcuni cristiani venuti dal giudaismo”, che, oltre a “seminare teorie contrarie all’insegnamento dell’Apostolo”, erano arrivati “perfino a denigrare la sua persona.

È quindi una “pratica antica quella di presentarsi in alcune occasioni come gli unici possessori della verità e puntare a sminuire anche con la calunnia il lavoro svolto dagli altri”, ha sottolineato il Papa.

In Galazia, gli avversari di Paolo insistevano a voler circoncidere anche i pagani, facendoli “vivere secondo le regole della legge mosaica”. Essi avrebbero dovuto, dunque, “rinunciare alla loro identità culturale per assoggettarsi a norme, prescrizioni e usanze tipiche degli ebrei”.

Per giunta, Paolo veniva tacciato di non essere un “vero apostolo” e di non avere “nessuna autorità per predicare il Vangelo”. Una situazione del genere, la vediamo “in certe comunità cristiane”, dove si tende a “screditare il parroco e il vescovo, dove si percorre “la strada del maligno che divide e non sa costruire”.

I Galati, allora, si ritrovavano a un bivio: seguire Paolo o i suoi avversari? “Per loro – ha osservato Francesco – avere conosciuto Gesù e creduto all’opera di salvezza realizzata con la sua morte e risurrezione, era davvero l’inizio di una vita nuova”. Una vita finalmente libera, dopo molte “forme di violenta schiavitù”, compresa la sottomissione “all’imperatore di Roma”.

Attenti alla “rigidità”

Il dilemma in cui si trovavano questi Galati, non era diverso “dall’esperienza che diversi cristiani vivono ai nostri giorni”. Anche oggi, attraverso i “nuovi mezzi di comunicazione” imperversano numerosi predicatori, che “possono turbare le comunità.

Costoro “si presentano non anzitutto per annunciare il Vangelo di Dio che ama l’uomo in Gesù Crocifisso e Risorto, ma per ribadire con insistenza, da veri e propri “custodi della verità, quale sia il modo migliore per essere cristiani”.

Queste persone spesso “affermano che il cristianesimo vero è quello a cui sono legati loro, spesso identificato con certe forme del passato, e che la soluzione alle crisi odierne è ritornare indietro per non perdere la genuinità della fede”.

Anche oggi, quindi, “come allora, c’è insomma la tentazione di rinchiudersi in alcune certezze acquisite in tradizioni passate”. Un elemento utile per riconoscere questo tipo di persone è la loro “rigidità”, ha affermato Bergoglio.

La lettera di San Paolo ai Galati, allora, ci indicherà “quale strada seguire”, ovvero quella “liberante e sempre nuova di Gesù Crocifisso e Risorto”. Questa strada è “la via della fiducia mite e obbediente, nella certezza che lo Spirito Santo opera in ogni epoca della Chiesa”, ha quindi concluso.

Luca Marcolivio

 

 

 

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