Udienza generale, Papa | Come distinguere le vere consolazioni dalle false?

Nel discernimento non c’è mai desolazione senza consolazione. Lo ha sottolineato papa Francesco durante l’udienza generale, proseguendo il ciclo di catechesi avviato un mese fa.

I grandi santi hanno vissuto tutti in modo diverso il loro rapporto con Dio, sempre però accomunati da un rapporto affettuoso e filiale con Lui.

Come una goccia d’acqua su una spugna

Sperimentare una “consolazione spirituale” vuol dire far “esperienza profonda di gioia interiore, che consente di vedere la presenza di Dio in tutte le cose; essa rafforza la fede e la speranza, e anche la capacità di fare il bene”, ha detto il Santo Padre.

Chi vive la consolazione “non si arrende di fronte alle difficoltà, perché sperimenta una pace più forte della prova” e avverte la “presenza di Dio, in una maniera sempre rispettosa della propria libertà”. Come scriveva Sant’Ignazio negli Esercizi spirituali, la consolazione “non è appariscente ma soave, delicata, come una goccia d’acqua su una spugna”.

La consolazione “non è mai qualcosa di stonato, che cerca di forzare la nostra volontà, non è neppure un’euforia passeggera”. A riguardo, il Pontefice ha menzionato Sant’Agostino e San Francesco. Il primo parla della “bellezza della vita eterna” con la madre Santa Monica, il secondo discetta della “perfetta letizia”, associata a “situazioni molto dure da sopportare”.

Un dono dello Spirito “non programmabile”

Sono molti altri i santi che “hanno saputo fare grandi cose, non perché si ritenevano bravi e capaci, ma perché conquistati dalla dolcezza pacificante dell’amore di Dio. Tra questi il Papa ha menzionato “la pace che prova Edith Stein dopo la conversione”.

Un anno dopo il battesimo, la convertita dall’ebraismo, scriveva: “Questo afflusso vitale sembra sgorgare da un’attività e da una forza che non è la mia e che, senza fare alla mia alcuna violenza, diventa attiva in me”.

Ha proseguito Francesco: “La consolazione spirituale non è “pilotabile”, non è programmabile a piacere, è un dono dello Spirito Santo: consente una familiarità con Dio che sembra annullare le distanze”.

Santa Teresina e i chiodi di Gesù

Bergoglio ha citato anche Santa Teresa di Gesù Bambino, la quale “visitando a quattordici anni, a Roma, la basilica di Santa Croce in Gerusalemme, cerca di toccare il chiodo lì venerato, uno di quelli con cui fu crocifisso Gesù”.

La santa di Lisieux, anni dopo, scrisse: “Fui veramente troppo audace. Ma il Signore vede il fondo dei cuori, sa che l’intenzione mia era pura […]. Agivo con lui da bambina che si crede tutto permesso e considera come propri i tesori del Padre”.

La consolazione spirituale provata da Santa Teresa di Gesù Bambino svela un “senso di tenerezza verso Dio, che rende audaci nel desiderio di partecipare della sua stessa vita, di fare ciò che gli è gradito, perché ci sentiamo familiari con Lui, sentiamo che la sua casa è la nostra casa, ci sentiamo accolti, amati, ristorati”.

Il rischio di una relazione “infantile” con Dio

Il Santo Padre ha poi messo in guardia dalle “false consolazioni”, ovvero delle sensazioni “più rumorose e appariscenti”, dei “fuochi di paglia, senza consistenza, portano a ripiegarsi su sé stessi, e a non curarsi degli altri”.

La falsa consolazione alla fine ci lascia vuoti, lontani dal centro della nostra esistenza. Per questo si deve fare discernimento, anche quando ci si sente consolati”.

È importante, ha detto il Pontefice, non essere troppo concentrati su se stessi e non dimenticarsi del Signore: “Come direbbe San Bernardo, si cercano le consolazioni di Dio e non si cerca il Dio delle consolazioni”.

In questo modo, si rischia di “vivere la relazione con Dio in modo infantile, di ridurlo a un oggetto a nostro uso e consumo, smarrendo il dono più bello che è Dio stesso”, ha quindi concluso il Papa.

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