Il Santo Padre esorta ancora una volta i fedeli a ricordare qual è il giorno più importante della nostra vita.
Noi cristiani spesso “diamo per scontato” la “realtà di essere figli di Dio”, di cui, invece, dovremmo fare sempre “memoria grata”.
La fede in Cristo “fa la differenza”
Sul concetto ha meditato papa Francesco, durante l’udienza generale odierna, proseguendo il ciclo di catechesi sulla Lettera di San Paolo ai Galati. In questa lettera, l’Apostolo insiste sulla “novità della rivelazione di Dio” e sulla “fede in Gesù Cristo ci ha permesso di diventare realmente figli di Dio e suoi eredi”.
Una volta che è «sopraggiunta la fede» in Gesù Cristo (v. 25), “si crea la condizione radicalmente nuova che immette nella figliolanza divina”, ha spiegato il Santo Padre.
La figliolanza cui si riferisce Paolo “non è più quella generale che coinvolge tutti gli uomini e le donne in quanto figli e figlie dell’unico Creatore”. Egli parla infatti di una fede “in Cristo” che “fa la differenza”. Con la sua morte e resurrezione, Egli ci ha “ci ha riconciliati con il Padre”.
Secondo San Paolo, il battesimo implica “prendere parte in maniera effettiva e reale al mistero di Gesù”. Arriva a dire che “nel battesimo, siamo morti con Cristo e sepolti con Lui per poter vivere con Lui” (cfr Rm 6,3-14). È il battesimo che dona “vita nuova” e permette di chiamare Dio con l’appellativo di “Abbà”, ovvero di “papà” (cfr Gal 4,6).
Per l’occasione, Bergoglio ha esortato ancora una volta i fedeli a ricordare e a celebrare il giorno del proprio battesimo, ovvero “la data in cui siamo stati salvati e diventati figli di Dio”.
Schiavitù e discriminazioni: mali più che mai attuali
Il battesimo va oltre le differenze “sul piano etnico-religioso: «non c’è Giudeo né Greco»; e anche su quello sociale: «non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina» (Gal 3,28)”. Un’“autentica sovversione”, poiché, in precedenza, invece, “il Giudeo, per il fatto di appartenere al popolo eletto, era privilegiato rispetto al pagano (cfr Rm 2,17-20)”.
Anche il superamento della dicotomia tra “liberi” e “schiavi” presenta “prospettive sconvolgenti”: nella “società antica” questa distinzione era “vitale” e “agli schiavi non era riconosciuta nemmeno la dignità umana”.
La schiavitù è purtroppo una realtà tuttora esistente, ha sottolineato il Papa. C’è tanta gente, ha detto, cui “neghiamo la dignità umana”, sono “i nuovi schiavi, che stanno alla periferie e sfruttati da tutti”, senza “diritto a mangiare”, né all’“educazione”.
Quanto, infine, al superamento della “differenza sociale tra i due sessi”, siamo di fronte ad una affermazione “rivoluzionaria”, che bisognerebbe “riaffermare anche oggi”, ha detto il Pontefice, ricordando che, ancora oggi, persiste “una schiavitù delle donne” che “non hanno le stesse opportunità” degli uomini.
La “profonda unità” che sussiste “tra tutti i battezzati” rende ogni distinzione “secondaria rispetto alla dignità di essere figli di Dio, il quale con il suo amore realizza una vera e sostanziale uguaglianza”.
Francesco ha quindi esortato a “riscoprire la bellezza di essere figli di Dio” e a superare “le differenze e i contrasti” che “creano separazione non dovrebbero avere dimora presso i credenti in Cristo”.
“Tutto quello che esaspera le differenze tra le persone – ha detto in conclusione – causando spesso discriminazioni, tutto questo, davanti a Dio, non ha più consistenza, grazie alla salvezza realizzata in Cristo”.
Luca Marcolivio