Udienza generale | Come agire di fronte al demone della tristezza?

È sempre negativo essere tristi? In che modo si può essere perseveranti nelle opere buone? Proseguendo il ciclo di catechesi sul discernimento, il Pontefice ha risposto a queste e ad altre domande.

Il discernimento ha innanzitutto una “connotazione affettiva”, poiché “Dio parla al cuore”. Lo ha sottolineato papa Francesco durante l’udienza generale di oggi.

Anche la tristezza può essere a fin di bene

La prima modalità affettiva oggetto di discernimento è la “desolazione”. Sant’Ignazio di Loyola la descriveva con queste parole: «L’oscurità dell’anima, il turbamento interiore, lo stimolo verso le cose basse e terrene, l’inquietudine dovuta a diverse agitazioni e tentazioni: così l’anima s’inclina alla sfiducia, è senza speranza e senza amore, e si ritrova pigra, tiepida, triste e come separata dal suo Creatore e Signore» (Esercizi spirituali).

Chiunque può aver fatto “esperienza di desolazione”, quindi conta “come poterla leggere, perché anch’essa ha qualcosa di importante da dirci, e se abbiamo fretta di liberarcene, rischiamo di smarrirla”, ha detto il Santo Padre.

Chiunque vorrebbe “una vita sempre gioiosa, allegra e appagata”, tuttavia, anche se fosse possibile, “non sarebbe un bene per noi. Quando, ad esempio, si conduce una “vita orientata al vizio”, una “situazione di tristezza” può determinare un “rimorso per ciò che si è fatto”, quindi un “cambiamento”.

La lezione di Manzoni e quella di San Tommaso

Il Pontefice ha citato il dialogo manzoniano tra l’Innominato e il cardinale Borromeo, dove il primo confida al secondo: “Ho l’inferno nel cuore”. Ma il cardinale va subito al punto: “Dio v’ha toccato il cuore, e vuol farvi suo” (I promessi sposi, cap. XXIII).

L’uomo di Dio sa notare in profondità ciò che si muove nel cuore. È importante imparare a leggere la tristezza”, oggi considerata un “male da fuggire a tutti i costi”, che invece “può essere un indispensabile campanello di allarme per la vita, invitandoci a esplorare paesaggi più ricchi e fertili che la fugacità e l’evasione non consentono”.

San Tommaso spiegava che la tristezza, al pari dei dolori corporei, è qualcosa che “ridesta l’attenzione di fronte a un possibile pericolo, o a un bene disatteso”. Pertanto, la tristezza è “indispensabile per la nostra salute, ci protegge perché non facciamo del male a noi stessi e ad altri”. Sarebbe “molto più grave e pericoloso”, al contrario, “non avvertire questo sentimento”.

Mai fare cambiamenti quando si è nella desolazione

Per chi vuole compiere il bene, invece, “la tristezza è un ostacolo con il quale il tentatore vuole scoraggiarci”. Nel “lavoro”, nello “studio”, nella “preghiera”, in qualsiasi “impegno assunto”, se li si abbandonasse al primo segnale di “noia o tristezza”, non si porterebbe “mai nulla” a realizzazione.

La strada verso il bene, come ricorda il Vangelo, è “stretta e in salita, richiede un combattimento, un vincere sé stessi. Infatti, proprio quando ci si dedica alla preghiera o a un’“opera buona”, è facile che vengano in mente “cose da fare con urgenza”.

Taluni tendono ad “abbandonare la vita di preghiera, o la scelta intrapresa, il matrimonio o la vita religiosa, spinti dalla desolazione, senza prima fermarsi a leggere questo stato d’animo, e soprattutto senza l’aiuto di una guida”.

Una regola saggia – ha ricordato il Papa – dice di non fare cambiamenti quando si è desolati. Sarà il tempo successivo, più che l’umore del momento, a mostrare la bontà o meno delle nostre scelte”.

Le tentazioni si vincono solo in Dio

Nel deserto, Gesù respinge tutte le tentazioni del demonio “con un atteggiamento di ferma risolutezza”, trovando nel Padre, “questa fermezza” necessaria per superare le “situazioni di prova”.

Nella vita spirituale, come ricorda la Bibbia, chi vuole servire il Signore, dev’essere preparato alla tentazione (cfr 2,1). “È come quando un professore esamina lo studente: se vede che conosce i punti essenziali della materia, non insiste: ha superato la prova”, ha detto Francesco.

Se sappiamo attraversare solitudine e desolazione con apertura e consapevolezza – ha concluso – possiamo uscirne rafforzati sotto l’aspetto umano e spirituale”, anche perché, come ricorda San Paolo, “il Signore non ci abbandona mai e, con Lui vicino, possiamo vincere ogni tentazione (cfr 1 Cor 10,13).

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