Nell’Udienza Generale del mercoledì papa Leone XIV ha esortato a uscire dalle nostre paralisi interiori fidandoci di Gesù e a respingere il fascino degli armamenti nel suo appello alla pace nel mondo.

Un’analisi profonda di tante dinamiche umane da cui nessuno è esente, quella fatta stamattina, 18 giugno, da papa Leone XIV nell’Udienza Generale del mercoledì. Il brano evangelico posto alla meditazione del Santo Padre e dei pellegrini di tutto il mondo è quello del Vangelo di Giovanni al capitolo 5.
Si tratta del racconto della guarigione del paralitico presso la piscina di Betesda. Un uomo, paralizzato da ben 38 anni, un tempo molto lungo, incontra Gesù che lo guarisce. Ma come avviene questa guarigione e cosa dice oggi ad ognuno di noi?
Papa Leone XIV all’Udienza Generale: no al fascino degli armamenti
Il pontefice prosegue questo ciclo di catechesi delle Udienze Generali continuando a contemplare Gesù che guarisce, come già fatto la settimana scorsa. Questa volta è il paralitico della piscina di Betesda il protagonista che rappresenta ognuno di noi quando siamo paralizzati dalle sofferenze della vita, che siano fisiche, psichiche, per situazioni contingenti.

Il papa inizia la sua riflessione invitando a pensare a tutte quelle situazioni della vita in cui ci sentiamo senza via d’uscita, in un vicolo cieco, quando sembra non esserci speranza. Allora spesso subentra la rassegnazione, manca la voglia di lottare.
Di fronte ad una piscina considerata taumaturgica Gesù raggiunge i malati e i senza speranza nel loro dolore. È là, a Betseda, che significa “casa della misericordia“, che il papa vede come un’immagine della Chiesa dove chi ha bisogno si raduna e “dove il Signore viene per guarire e donare speranza“.
La volontà necessaria per accogliere la guarigione
È la delusione che spesso paralizza e si rischia di cadere nell’accidia. La domanda che il Signore fa al paralitico: “vuoi guarire?” può sembrare scontata, sottolinea il Santo Padre, ma non è così. Spesso si innescano meccanismi che bloccano la nostra volontà e si trovano pretesti per non prendersi delle responsabilità e per non operare decisioni.
Si dà la colpa agli altri, come il paralitico che afferma di non avere nessuno che lo immerga nella piscina. Papa Leone riporta il pensiero di sant’Agostino al riguardo e afferma che sì, “per essere guarito, il paralitico aveva assolutamente bisogno di un uomo, qualcuno che lo aiutasse, ma di un uomo che fosse anche Dio“, quindi di Gesù.
Bisogna poi respingere una visione fatalistica della vita che porta scoraggiamento e Gesù lo aiuta a risollevarsi dalla sua situazione cronica. Il paralitico così prende la sua barella, ovvero sceglie quale strada percorrere. L’invito del papa è a chiedere a Gesù di dare voce al nostro desiderio di capire. “Chiediamo di tornare ad abitare nel cuore di Cristo che è la vera casa della misericordia“.
Accorato appello per la pace
Dopo la catechesi il Santo Padre ha ricordato che domani ricorre la memoria del Corpus Domini e ha invitato a rivolgersi a “Gesù medico dei corpi e delle anime”, l’unico “in grado di guarire le ferite della nostra vita“. Il suo pensiero si è rivolto poi ai Paesi in guerra, che ha menzionato: Ucraina, Iran, Israele, Gaza.
Con tono accorato ha voluto rivolgere ancora una volta un forte appello alla pace. “Non dobbiamo abituarci alla guerra“, ha ribadito. Non solo: ha voluto evidenziare come è importante “respingere come una tentazione il fascino degli armamenti sofisticati” che purtroppo coinvolge molti.
Considerando che oggi l’uso di armi scientifiche porta alla possibilità che venga messa in atto una “barbarie di gran lunga superiore al passato“, si è rivolto ai responsabili dei Paesi in guerra riportando “in nome della dignità umana” due concetti, uno di papa Francesco e uno di papa Pio XII.
In linea con i suoi predecessori, ha ricordato che “La guerra è sempre una sconfitta“, come diceva l’uno e che “Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra” come disse l’altro.