Gesù, che ci salva venendo a cercarci nei nostri inferi, il tema affrontato da papa Leone XIV all’Udienza Generale del mercoledì di oggi.

Anche oggi 24 settembre si è svolta la consueta Udienza Generale del mercoledì presieduta da papa Leone XIV in piazza San Pietro. Il Santo Padre ha proseguito il ciclo di catechesi sul mistero del Sabato Santo, iniziate e sviluppate già nelle settimane scorse.
La riflessione del pontefice ha preso avvio da un brano della Prima Lettera di Pietro (3, 18-22) in cui l’apostolo fa rifermento alla discesa agli inferi di Gesù subito dopo la morte e prima della Resurrezione. Disceso a portare l’annuncio anche a coloro che stavano nelle tenebre e nell’ombra della morte.
Papa Leone XIV all’Udienza generale: la discesa di Gesù nei nostri inferi per salvarci
Il Signore è venuto a cercarci, là dove noi stessi ci eravano perduti: è questo il concetto che il papa ha voluto porre all’attenzione e alla riflessione di oggi. Ha spiegato che “gli inferi nella concezione biblica, sono non tanto un luogo qunato una condizione esistenziale, quella condizione in cui la vita è depotenziata e regnano il dolore, la solitudine, la colpa e la separazione da Dio e dagli altri“.

Ma “Cristo ci raggiunge anche in questo abisso, varcando le porte di questo regno di tenebra“. Ha mostrato come questo ci indica un Dio che non si spaventa davanti al nostro peccato, non ci lascia e non ci abbandona ad esso.
La narrazione della discesa agli inferi, specifica il papa, non si trova nei Vangeli canonici, ma, come riportata nella prima Lettera di Pietro, si trova in un vangelo apocrifo, quello di Nicodemo. Gesù ha voluto portare anche agli uomini che si erano perduti la sua luce. Ciò ci fa comprendere che “gli inferi non sono solo la condizione di chi è morto, ma anche di chi vive la morte a causa del male e del peccato. E anche l’inferno quotidiano della solitudine, dell’abbandono, della vergogna, della fatica di vivere“.
L’abbraccio silenzioso che ci salva
“Cristo entra in tutte queste realtà oscure per testimoniarci l’amore del Padre“, dice papa Leone. Non vuole giudicare o colpevolizzare, ma liberare e salvare. È il simbolo dell’incontro tra Cristo e Adamo. “Il Signore scende dove l’uomo si è nascosto per paura e lo chiama per nome, lo prende per mano, lo rialza, lo riporta alla luce“. E fa questo con “piena autorità e con assoluta dolcezza“.
“Non c’è passato così rovinato, non c’è storia così compromessa che non possa essere toccata dalla misericordia” ribadisce. Anche quando tocchiamo il fondo dobbiamo sapere che lì Gesù viene a risollevarci, è il messaggio di speranza che il papa vuole far arrivare a tutti. Guardare al Sabato Santo, il giorno in cui Gesù ha voluto presentare al Padre tutta la creazione per ricollocarla nel suo disegno di salvezza, e lo fa in un “abbraccio silenzioso“, sottolinea papa Leone.
L’invito a pregare il Rosario
Dopo la catechesi papa Leone, nel rivolgere i consueti saluti ai pellegrini provenienti dai vari Paesi del mondo e nelle lingue più diffuse ha introdotto una novità: ha voluto salutare nello specifico anche i fedeli di Romania, Ungheria e Slovacchia.
Il saluto del pontefice è stato quindi tradotto anche in queste lingue. Rivolgendosi poi in italiano, papa Leone ha ricordato che il mese che sta per iniziare, ottobre, è tradizionalmente il mese dedicato al Santo Rosario. Ha perciò esortato a pregarlo tutti i giorni e ha invitato i dipendenti vaticani e tutti coloro che vogliono partecipare alla quotidiana recita del Rosario per la pace che avrà luogo nella basilica di San Pietro alle ore 19.
Ha poi ricordato un altro appuntamento: l’11 ottobre, in cui ricorre l’anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, prossimo presiederà lui stesso la recita del Santo Rosario in piazza San Pietro alle ore 18 all’interno dell’evento della Veglia del Giubileo della spiritualità mariana.