Turibio de Mogrovejo (1538-1606, Spagna) apparteneva ad una famiglia di nobili origini e aveva potuto, pertanto, studiare tantissimo, fino a diventare il Presidente del Tribunale di Granada, in Spagna.
Fu Re Filippo II a consigliare al Papa dell’epoca, Gregorio XIII, di nominarlo addirittura Arcivescovo e di mandarlo a Lima, in Perù.
Turibio de Mogrovejo, così, era un laico il giorno prima e un Arcivescovo il giorno dopo! In poche settimane, si compirono e si risolsero per lui le “pratiche di consacrazione” e partì.
In Sud America, luogo in cui avrebbe passato il resto della sua vita, cominciò subito a cercare di correggere il degrado dei principi cristiani, che trovò impraticati, tra gli abitanti del luogo, poiché i sacerdoti precedenti non erano riusciti a farli comprendere fino in fondo.
Nelle sue visite pastorali, volle catechizzare gli indigeni e raggiungerli in ogni luogo si trovassero. Parlava della bontà di Cristo e della sua Misericordia, mostrava l’amore per il popolo che incontrava e per questo si rese credibile e popolare.
Volle che il catechismo fosse scritto e stampato nella lingua che tutti potessero comprendere: il suo catechismo in spagnolo, in quéchua e in aymara, fu il primo del Sud America.
Fu talmente presente e attivo, in mezzo ai fedeli e ai prelati, da convocare ben 13 Sinodi regionali e da fondare 100 parrocchie. Per questo motivo, gli indigeni convertiti al cristianesimo divennero migliaia.
Tra l’altro, l’Arcivescovo Turibio de Mogrovejo cresimò tre persone che sarebbero diventate dei Santi: San Martino di Porres, San Francesco Solano, Santa Rosa di Lima.
Morì a 500 chilometri da Lima. Le sue ultime parole furono quelle del Salmo 122: “Quale gioia, quando mi dissero: andremo alla casa del Signore!”. Era un Giovedì Santo, il 23 Marzo del 1606.
Il Santo Padre Giovanni Paolo II, nel 1983 lo ha proclamato, a gran merito, Patrono dell’Episcopato latino-americano.
Antonella Sanicanti
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