La tratta delle spose bambine è una delle piaghe dei Paesi a maggioranza musulmana. Per una conveniente interpretazione della legge coranica, infatti, il matrimonio tra un uomo adulto ed una ragazza minorenne che abbia raggiunto l’età della procreazione è considerato valido e questo permette a molte famiglie di cedere una delle loro figlie ad un uomo interessato che assicuri un corrispettivo economico (la dote). In Turchia, nazione che fino a qualche mese fa poteva entrare a far parte dell’Unione Europea, il problema delle spose bambine rischia di diventare ingestibile: pare che già oggi circa il 15% delle spose che si congiungono in matrimonio avrebbe un’età compresa tra i 12 ed i 16 anni.
Questi dati sono basati sulle stime di associazioni che studiano e combatto il fenomeno delle spose bambine. In Turchia la legge vigente vieta che una ragazza contragga matrimonio dal valore civile finché non ha compiuto 17 anni, ma sono sempre maggiori quelli che aggirano la legge avvalendosi dell’omertà dilagante. Recentemente, inoltre, il Diyanet (massima autorità religiosa del Paese) ha decretato leciti i matrimoni tra uomini adulti e bambine che hanno superato l’età infantile, che abbiano cioè raggiunto la pubertà.
Le unioni di questo tipo, si leggeva nella voce adesso rimossa, dovranno essere avallate dalla famiglia di provenienza della ragazza fino a che questa non avrà compiuto 15 anni, età nella quale sarà lei che potrà decidere se contrarre o meno matrimonio. La presa di posizione dell’associazione musulmana ha generato un putiferio in Turchia, dove i partiti dell’opposizione e l’opinione pubblica hanno manifestato il proprio sdegno per una norma che avallerebbe la tratta delle spose bambine e che andrebbe anche contro la Sharia, laddove dice che nessun padre può obbligare la figlia a contrarre matrimonio (obbligo palese nel caso di una bambina). Il caos mediatico suscitato ha costretto il Diyanet a ritirare la voce sui matrimoni e a dichiarare pubblicamente che è contro le spose bambine.
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Luca Scapatello
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