Ecco le parole di don Tonino Bello, per sentirci un po’ meno avviliti

Ecco le parole di don Tonino Bello, per sentirci un po’ meno avviliti
Don Tonino Bello

Ecco le parole di don Tonino Bello, per sentirci un po’ meno avviliti, di fronte alle circostanze della vita, che non sempre ci fanno sentire appagati o realizzati.
“Io, per esempio, mi figuravo una splendida carriera. Volevo diventare santo. Cullavo l’idea di passare l’esistenza tra i poveri in terre lontane, aiutando la gente a vivere meglio, annunciando il Vangelo senza sconti, e testimoniando coraggiosamente il Signore Risorto”.

Una riflessione profondissima quella del Vescovo pugliese, che ci induce a pensare quanto spesso i nostri desideri di affermazione non collimino affatto con ciò che la vita ci riserva, a volte anche per volere di Dio o comunque col suo consenso.
“E’ il difetto di quasi tutti i sogni irrealizzati: quello di partire con un certo tasso di orgoglio. E il mio non ne era indenne. Ciò non toglie, però, ritrovandomi oggi in fatto di santità neppure ai livelli del mezzobusto, mi senta nell’anima una grande amarezza. I destinatari, comunque, di questa lettera non sono coloro che, come me, sperimentano le delusioni dei sogni e il pianterreno prosaico delle piccole conquiste. Ma sono tutti quelli che non ce l’hanno fatta a raggiungere neppure gli standard sui quali “normalmente” scorre una esistenza che voglia dirsi realizzata”.

E don Tonino Bello passa in rassegna alcuni nomi, alcune vite, che potrebbero tranquillamente essere le nostre -.la mia, la tua- o appartenere a persone a noi molto vicine, che si sentono di non aver saputo fare bene o fare abbastanza, che sono convinte di aver già perso il treno che è passato loro davanti, il solo che avrebbe potuto rendere reali i loro sogni, i loro progetti.

“Amerigo, per esempio, che ha faticato tanto per laurearsi in medicina e, immediatamente dopo la specializzazione, ha dovuto accantonare ogni progetto di “brillante carriera” per un distacco irreversibile della retina.
Ugo, ragazzo prodigio fino alla maturità classica che si è insabbiato nelle secche degli esami universitari, e non è più riuscito a districarsene. Oggi ha quarant’anni e sua moglie, ad ogni lite, gli rinfaccia il fallimento di essersi ridotto a fare il fattorino presso lo studio di un avvocato”.

Anche noi, senza dubbio, potremmo fare un lungo elenco delle cose che avremmo voluto ottenere e non avremo mai, delle mete che avremmo tanto voluto raggiungere, ma che si sono allontanate sempre di più dal nostro sguardo, dalla nostra vita.
Cosa ci accade, dunque, quando, nel corso della esistenza, ci perdiamo -per così dire, ci distraiamo dall’obiettivo prefissato, ci ritroviamo senza più quella forze e quella prontezza necessarie a percorrere la strada verso il successo?

“Ecco, a tutti voi che avete la bocca amara per le disillusioni della vita voglio rivolgermi, non per darvi conforto col balsamo delle buone parole, ma per farvi prendere coscienza di quanto siete omogenei alla storia della salvezza”.
Ecco quello che sbagliamo: la prospettiva storica sulla nostra esistenza ed erroneamente pensiamo di non essere arrivati da nessuna parte. Per comprenderlo meglio, ci basterà alzare gli occhi al crocifisso e ricordarci che il trono del nostro Dio è una scomoda e dolorosa croce. Ed è da quel trono che lui regna e governa il mondo e l’eternità.

“A voi che non avete trovato mai spazio, e siete usciti da ogni graduatoria, e vi vedete scavalcati da tutti. A voi che una malattia, o una tragedia morale, o un incidente improvviso, o uno svincolo delicato dell’esistenza, hanno fatto dirottare imprevedibilmente sui binari morti dell’amarezza. (…)
A tutti voi voglio dire: volgete lo sguardo a Colui che hanno trafitto!” (…)
Quelli che noi chiamiamo prove, sconfitte, insuccessi, quelli che definiamo fallimenti irrimediabili, sono solo pezzi di storia, la nostra. Noi -ricordiamolo- verremo misurati per come li abbiamo fronteggiati, non per il risultato ottenuto e umanamente notevole.

Antonella Sanicanti

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