“Noi, sopravvissuti a Srebrenica”: 24 anni dopo il racconto del genocidio

Due sopravvissuti raccontano la strage di Srebrenica

A 24 anni di distanza, il racconto di chi l’ha vissuto in prima persona.

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photo web source: corriere.it

Semso e Hasan raccontano il più grave massacro dopo la II guerra Mondiale.

Il genocidio di Srebrenica

Un vero e proprio genocidio: 8327 persone, musulmani – bosniaci per la precisione, uccisi dalle truppe serbo – bosniache. Due fra i sopravvissuti, Semso e Hasan erano solo ragazzini, ma sono riusciti a salvarsi da quell’orrore.

Era l’11 luglio 1995: il giorno della strage. Semso aveva 13 anni, Hasan 20. Erano bosniaci di religione musulmana, fra i 40mila rifugiati di Srebrenica, che cercavano riparo altrove per non morire sotto i colpi delle armate serbo – bosniache che, in quel periodo, rastrellavano i villaggi a confine fra Bosnia e Serbia.

L’attacco voluto da Mladic il 6 luglio è quello che, in cinque giorni, fa entrare le truppe serbe a Srebrenica. I caschi blu dell’ONU non avevano ricevuto alcun ordine di reazione, e le truppe bosniache erano allo stremo. Qual migliore occasione per sferrare l’attacco. 55 ostaggi vengono catturati: era l’avvertimento alla Nato per non sferrare alcun attacco a difesa della zona.

L’inizio della fuga dei due sopravvissuti

Da qui la storia dei due ragazzi. Semso che scappa con la sorella e la mamma ed è fra i 5mila rifugiati che riescono ad entrare nella base ONU di protezione. Hasan, invece, si rifugia con il padre fra i boschi, perché può esser catturato da un momento all’altro in quanto in età militare. Scappano per km e km, ma sapevano che, continuando così, potevano non avere scampo.

La storia di Hasan

L’hanno chiamata la marcia della morte, ovvero la colonna di tutti quelli che fuggivano e che venivano catturati ed uccisi sul posto. In tutto, più di 8000 vittime, in maggioranza uomini e ragazzi. Io sono uno dei pochi a salvarsi: ho perso subito mio padre. Io ero più basso del fucile, perciò ce l’ho fatta” – racconta Hasan.

Oggi, dopo anni e anni, Hasan è uno dei curatori del Memoriale del genocidio, raccontato anche in un suo libro, dal titolo “Surviving Srebrenica”. Nel libro, Hasan racconta la sua fuga, gli spari, la gente che disperata cercava riparo. “Ho realizzato solo dopo che avevo perso sia mio padre che mio fratello, volevo fermarmi per cercarli ma, se l’avessi fatto, oggi non sarei qui a raccontare e ricordare. Quando sei in questo tipo di situazione, fra la vita e la morte, la tua mente funziona diversamente. Quelle esperienze sono rimaste con me, sono il dolore peggiore che porto con me” – ha raccontato Hasan.

ROSALIA GIGLIANO

Fonte: vaticannews.va

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