Storia miracolosa di Benedetta: bimba di 4 anni sconfigge la leucemia

A raccontare questa intensa ed emozionante storia fatta di dolore e risurrezione, è il papà della piccola Benedetta, Bruno Fittipaldi. Una storia miracolosa, dove la malattia viene sconfitta da una grande fede.

Bruno vive con sua moglie e i suoi 3 figli (Ismaele, Manuela e Benedetta) a Francavilla in Sinni. Ha scritto un libro dal titolo “Il buio della notte non è l’unico colore del cielo”, in cui racconta la malattia della piccola Benedetta dovuta alla leucemia, vissuta col sorriso e con la speranza e la fede che Dio non li avrebbe mai abbandonati.

Benedetta Fittipaldi – La luce di Maria

Anche la Gazzetta del Mezzogiorno ha parlato della leucemia di Benedetta scrivendo questo titolo “Ha male a un piede – capricci di una bambina- invece era leucemia”

Successivamente Bruno Fittipaldi, ha scritto ed interpretato due cd, dedicati a Dio e alla sua famiglia.

“Il buio della notte non è l’unico colore del cielo”. Perché questo titolo ?  Quando si è ammalata sua figlia di leucemia, colpito da enorme dolore, non pensava minimamente che col tempo avrebbe potuto scrivere un libro. “Il buio della notte non è l’unico colore del cielo” è una frase di uno scrittore contemporaneo, Umberto Galimberti, che lo colpì profondamente perché molto significativa.

“Io penso che tante volte si guarda alle cose materiali e non ci si rende conto che la vera felicità è ben altra. Tante persone, secondo me, nel loro piccolo vivono momenti tristi, bui, difficili. Io dico loro di non mollare mai, di lottare sempre, anche quando si pensa di non potercela fare, perché il sacrificio porta sempre a raggiungere la meta desiderata. Secondo me, non bisogna fermarsi solo all’apparenza delle cose, ma guardare oltre in senso metafisico” afferma Bruno.

Benedetta guarisce dalla leucemia

La notte rappresenta il buio, porta tristezza, dolore, angoscia, ma se volgiamo il nostro sguardo oltre, riusciamo a vedere la luce della speranza che fa contemplare l’infinito nella sua pienezza. Il buio, il nero non è l’unico colore del cielo, bisogna riuscire a vedere le cose sotto altre gradazioni di colori. La speranza fa si che noi possiamo allargare il nostro orizzonte e vedere con gli occhi del cuore, fino a scorgere un nuovo mondo. Anche la foto di copertina che ha scelto è molto significativa: la luce di un tramonto rappresenta la fine di un giorno, di un passato doloroso da dimenticare e il ritorno ad una nuova vita, piena di amore e felicità.

Scrivere questo libro è stato per me un viaggio interiore, unico e coinvolgente, che mi ha fatto capire la bellezza della vita, quando essa è preziosa e gioiosa, anche se tante volte ci facciamo prendere dalla quotidianità, perdendo così i veri valori” afferma Bruno.

Parte dei proventi della vendita del libro l’ha devoluta all’associazione AGEBEO “Amici di Vincenzo” di Bari e all’associazione Gianfranco LUPO “Un sorriso alla vita” di Pomarico MT, per lo studio e la cura delle leucemie e dei linfomi infantili.

“Io devo molto a queste due associazioni perché mi hanno aiutato in tutti i sensi. Bari dista dal mio paese quasi due ore di macchina e non potevo permettermi di fare il pendolare tutti i giorni per stare vicino a mia figlia. Per un po’ di tempo non riuscii a trovare un alloggio per dormire perché i prezzi erano troppo alti, e siccome avevo anche lasciato il lavoro non potevo affrontare altre spese.

Benedetta in ospedale – La luce di Maria

Quindi per un certo periodo decisi di dormire fuori dal Policlinico dentro la mia macchina, fino a quando ho incontrato il sig. Michele Farina, presidente dell’associazione AGEBEO che come un padre mi ha accolto in una delle case famiglie. Così anche il sig. Michele Lupo presidente dell’associazione Gianfranco Lupo “Un sorriso alla vita” mi confortava telefonicamente per quello che mi era successo dandomi forza e coraggio per andare avanti” racconta Bruno.

A 4 anni arriva la terribile diagnosi

Quando Bruno ha appreso la notizia ricorda che gli crollò il mondo addosso, come un fulmine a ciel sereno. Ricorda che ci sono voluti alcuni giorni per prendere coscienza di quello che gli era accaduto e per cercare una risposta ai mille perché che gli affollavano la mente.

“Mi chiesi perché tutto questo? Perché proprio a noi? Perché a mia figlia Benedetta? Avevo solamente tanta rabbia dentro, non avevo più la forza di reagire. L’immagine dell’istante in cui mi hanno comunicato che la mia bambina aveva la leucemia rimarrà per sempre nella mia mente come una fotografia” prosegue Bruno.

In quei momenti sentiva solo il desiderio di rinunciare a tutto, perché si sentiva impotente. Poi presa coscienza ha deciso che l’unica cosa da fare era affidarsi completamente a Gesù.

“In ogni istante ho sempre sentito che Dio era sempre vicino, al mio fianco, che mi donava coraggio, consolazione e gioia. Ho avuto bisogno di un fondamento che mi sostenesse nelle ore più tristi, questo fondamento è stata la Bibbia la Parola di quel Dio che è l’ancora della nostra vita. Ricordo che tutto le sere recitavamo il Santo Rosario con altri genitori nel corridoio del reparto invocavamo lo Spirito Santo affinché da Lassù proteggesse i nostri bambini. Ho scoperto durante la malattia di mia figlia, che dalla vita non si deve buttare via nulla. Ogni momento, infatti, qualunque esso sia, anche quello in cui la sofferenza sembra oscurare l’orizzonte, contiene una grazia, perché è l’occasione per compiere un passo verso il Signore, verso la pienezza della nostra vita” racconta Bruno.

Benedetta e suo padre Bruno Fittipaldi – La luce di Maria

Continua- “La malattia di mia figlia è stata sicuramente un fatto negativo che ha completamente stravolto la mia  esistenza, ma a volte penso che, se questo non fosse successo, tante cose non le avrei fatte, tante persone meravigliose non le avrei conosciute, tante esperienze non le avrei vissute. E’ stato il segno di una nuova conversione, tutto rientrava in un progetto divino”.

Il primo sintomo

Tutto inizia nel mese di luglio 2009, quando Benedetta comincia ad avvertire dolori al piede sinistro. Bruno e sua moglie la portarono in ospedale a Lagonegro, un paese vicino al loro, dove le fecero delle radiografie, ma dagli esami radiologici non emerse nessun dato allarmante. Tornati a casa si accorsero che il problema persisteva, anzi peggiorava. Più passavano i giorni e più la piccola camminava male, zoppicava e piangeva per il dolore. Dopo una quindicina di giorni tornarono di nuovo in ospedale, in ortopedia, dove fu confermata la stessa diagnosi. Ma più passava il tempo e più il dolore dal piede si estendeva alla schiena. Ritornarono ancora una volta in ospedale. Gli dissero che erano dei genitori molto apprensivi e che la bambina aveva solamente capricci. Però, invece di tornare a casa, Bruno e sua moglie decisero di portare Benedetta dal pediatra di famiglia privatamente. Il pediatra si accorse subito che qualcosa non andava e con un semplice emocromo del sangue decise di mandare la bambina all’ospedale di Matera con una diagnosi ben precisa. Quindi i valori risultarono alterati e dall’ospedale di Matera il giorno seguente Benedetta fu trasferita di urgenza al Policlinico di Bari, dove fu fatto subito l’aspirato midollare e poi.. la diagnosi.

Benedetta è la protagonista del libro scritto da Bruno assieme alla sua amica-nemica leucemia, nonostante i suoi 4 anni è stata per tutti una maestra di vita, perché anche nei momenti di sofferenza ha insegnato a sorridere, ha fatto capire che non bisogna mai scoraggiarsi e lasciarsi andare, ma continuare a lottare e guardare fiduciosi avanti. E’ stata ed è una bambina dalle capacità straordinarie perché ha accettato con molta pazienza tutte quelle difficoltà che violavano il suo essere bambina. Era lei che dava conforto e coraggio ai genitori.

La reazione straordinaria di Benedetta

“Ricordo che il più delle volte , io e mia moglie, per non farci vedere piangere andavamo nei corridoi del reparto o fuori dall’ospedale e lì ci sfogavamo a vicenda. Ma lei al ritorno, guardandoci negli occhi lucenti e arrossati si accorgeva che noi avevamo pianto. Un giorno mi disse: “ Papà perché tu e la mamma piangete spesso?  Se io sono qui in ospedale è perché devo guarire, quindi non devo morire”. Sono rimasto pietrificato a sentire quelle parole, e che una bambina di solo 4 anni, nel suo dolore, ci stava confortando e ci dava la forza di andare avanti” racconta Bruno.

Ha sopportato la malattia con molta serenità senza lamentarsi mai, quasi felice di conformarsi a Gesù Crocifisso. Nel suo sorriso, durante la lunga degenza, si è riflesso un amore divino che la rendeva forte e coraggiosa in ogni momento della giornata. Sin dall’inizio ha accettato il lungo ricovero in ospedale, durato 7 mesi circa, nonostante leggesse nei volti dei genitori l’ansia, la tristezza e a volte la disperazione. “Io ringrazio sempre il Signore per avermi donato la piccola Benedetta, una creatura dolce e stupenda che ha dato un’impronta indelebile nella mia vita” afferma papà Bruno.

Bruno Fittipaldi, papà di Benedetta – La luce di Maria

Erano quasi alla fine dei ricoveri ospedalieri; Benedetta terminò la fase di consolidamento come da protocollo e fu dimessa in soddisfacenti condizioni generali, per un breve periodo di riposo, prima di iniziare la fase successiva di reinduzione. Purtroppo, mentre era casa, una caduta accidentale, alquanto banale, le causò una frattura al ginocchio destro, e, in seguito ad una valutazione clinica all’ospedale di Policoro, le fu applicata una valva di contenimento sull’arto interessato.

La paura di una recidiva

Quando tornarono a Bari per continuare la terapia, i dottori presero subito in considerazione la frattura al ginocchio. In previsione della rimozione della valva di contenimento, i medici effettuarono un esame scintigrafico di controllo del femore. I risultati non dimostrarono alcuna lesione ossea, ma evidenziarono una osteolisi mal definita con infiltrazione della corticale ossea. Secondo qualche dottore si sarebbe trattato di una recidiva della malattia in atto.

 “La notizia ci sconvolse, io e mia moglie rimanemmo pietrificati. Non era possibile una recidiva; tutto stava procedendo per il verso giusto, e adesso?  Aver trepidato, sperato, combattuto….. era stato tutto invano? Era veramente tornata a manifestarsi la leucemia nel corpo di Benedetta ? Eppure, tutto sembrava procedere così bene fino a quel momento. Disperato, cercai di pregare e dovetti constatare che nel mio cuore non regnava più la pace” afferma Bruno.

Successivamente, furono effettuati ulteriori esami alla gamba di Benedetta. Fu eseguita una TAC, poi una Risonanza magnetica fino ad arrivare alla biopsia, con l’asportazione di un frammento del tessuto osseo. I risultato finali furono incoraggianti: non risultò alcun tumore, nessuna recidiva e finalmente Benedetta passò alla fase ultima di mantenimento. Qualche giorno prima che la bambina venisse dimessa dall’ospedale, festeggiarono nel reparto, dopo quasi otto mesi di lunga degenza il ritorno a casa.

Benedetta mentre fa fisioterapia- La luce di Maria

Era il 14 Agosto 2009, vigilia di ferragosto. Il reparto di oncoematologia- pediatrica era quasi vuoto; c’erano pochi bambini ricoverati e la maggior parte dei dottori era in ferie. Bruno e sua moglie Erano a Bari solamente da due giorni e gli sembrava un’eternità, come se il tempo si fosse fermato all’improvviso. I medici avevano fatto l’aspirato midollare, per scoprire il tipo di leucemia che aveva contratto Benedetta, però gli avrebbero comunicato l’esito solamente dopo alcuni giorni, perché avevano mandato gli esami a Padova, per ulteriore conferma dello stato di malattia. Bisognava aspettare. L’attesa era lunga, la tensione alle stelle, le lancette dell’orologio sembravano essersi fermate, non c’era nessun dottore disponibile per avere un colloquio; tutto fermo, deserto.

I segni dal cielo in ospedale

Mentre Benedetta riposava, la mamma spinta da un forte desiderio di pregare, mentre sfogliava il libro della Madonna miracolosa, aveva visto apparire tra le pagine bianche una immagine di Gesù misericordioso che giaceva sull’uscio di un enorme portone illuminato da una luce bianca immensa. La visione era durata solo alcuni secondi. Di lì a poco era passato in reparto il dott. Santoro, che non era di servizio quel giorno, e le aveva comunicato l’esito degli esami di Benedetta, trasmesso dall’èquipe dei dottori di Padova. Benedetta aveva la leucemia, ma quella linfoblastica acuta, con un’alta percentuale di possibilità di guarigione.

Un altro episodio risale al 26 Agosto 2009, quando Benedetta fu sottoposta ad un intervento chirurgico. Le fu applicato un catetere tipo Broviac nella parte interna del collo, collegato alla vena aorta, vena centrale del cuore, per facilitare prelievi e immissioni di medicinali chemioterapici. In quella occasione, nell’attesa dell’intervento chirurgico, tenutosi in un’altra struttura ospedaliera, sua moglie mentre sostava nel corridoio fuori della stanza di Benedetta, vide nella vetrata, che separava il corridoio dall’ingresso del reparto, una figura umana di riflesso sul vetro: rappresentava una donna con il velo in testa e con le braccia aperte.

Benedetta Fittipaldi, oggi e la sua famiglia – La luce di Maria

Si girò di scatto, ma dietro di lei non c’era nessuno. Solamente alcuni giorni dopo, per caso, vedendo delle vecchie foto appese nella sala infermieristica, si accorse che quell’immagine che aveva visto riproduceva la statua di una Madonna che dapprima era situata nel corridoio del reparto e che era stata tolta per lavori di ristrutturazione. Comunque, dopo una lunga attesa fatta di preghiere e meditazioni, l’intervento della piccola Benedetta si concluse e andò per il verso giusto.

Un messaggio a tutti i genitori che combattono la malattia dei loro figli

“Io mi rivolgo a tutte quelle persone che vivono momenti tristi e bui e dico loro di lottare sempre per andare avanti con la consapevolezza che Gesù è sempre accanto a ognuno di noi e non ci abbandona mai. Spero di vero cuore che tutti coloro che vivono momenti difficili possono trovare la luce della fede e della speranza in Gesù Cristo nostro Signore, e di avere accanto familiari ed amici capaci di sostenerli, come è stato per me; nessuno di noi nella vita meriterebbe di soffrire e in particolare modo i bambini. 

In conclusione vorrei dire che molti hanno condiviso la mia sofferenza e mi hanno aiutato a superarla. Hanno fatto si che non mi sentissi mai solo, regalandomi un sorriso, una parola, un abbraccio. E’ stato un lungo viaggio quello della sofferenza. La sofferenza e la malattia provocano un dolore immenso, uniscono le persone con un legame profondo, perché di fronte a situazioni drammatiche non ci sono differenze di età, di ceti sociali, ma siamo tutti uguali, viviamo tutti sotto lo stesso cielo. La sofferenza trova un senso vero solo se condivisa amorevolmente con Gesù Cristo. Vorrei dire a tutti a gran voce : “ Apriamo il nostro cuore a Gesù, affinché operi in ognuno di noi, non dobbiamo avere paura della sua presenza”.

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