“Signore dove sei?”: la domanda di fronte alla tragedia del terremoto

Quando le nostre vite navigano per mari in tempesta è normale avere paura, si può accusare Dio di dormire, di non aiutarci. 

Lui che può tutto perché non fa niente? Non dobbiamo vergognarci se pensieri del genere affollano mente, cuore e spirito.

Signore, dove sei?
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Se la tempesta ci porta a solcare il male del dolore, della sofferenza, a sperimentare il non senso o a guardare negli occhi la morte, è difficile restare saldi nella fede. Appunto è difficile non impossibile.

Rifugiarsi in Dio non accusarlo

Stiamo vivendo giorni terribili. Il susseguirsi degli eventi affliggono tutti. Travolti dalla pandemia, basiti per il proliferare delle guerre, alluvioni devastanti, ed ora un terremoto apocalittico. Come i discepoli, spaventati, chiediamo: “Maestro non ti importa che moriamo?” (Mc 4,38)

Signore dove sei? Quando ci concederai un po’ di “TREGUA”. La mente umana cerca le ragioni di fronte a ciò che non ha niente di ragionevole, vogliamo sapere perché e tante volte abbiamo bisogno di accusare qualcuno. Ma Dio può essere il capro espiatorio?

Eppure, siamo figli di un Dio che non si è risparmiato, si è umiliato fino a scendere nella condizione umana e farsi uccidere in una maniera violenta e ignominiosa per dimostrarci il suo amore.

Dopo la Crocifissione gli Apostoli e discepoli sono smarriti. Due di loro incrociano Gesù sulla strada di Emmaus. Egli spiega loro che quel dolore aveva un senso, ma li rimprovera: “Stolti e tardi di cuore nel credere”. La paura acceca non fa vedere.

Se la paura procede dalla fede la reazione sarà diversa.

Maestro non ti importa che moriamo? (Mc 4,38). Dio nel dolore
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Reagire con fede e speranza

Scegliendo di credere non stipuliamo con Dio una polizza contro le tragedie.

Avere fede nel Signore della vita non è solo ottimismo o superficiale convinzione che comunque le cose si aggiusteranno. Il cristiano è chiamato a credere che “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28), anche se in questo momento non riconosco questo bene.

La forza del cristiano è la testimonianza: “Noi ci affatichiamo e lottiamo perché speriamo nel Dio vivente” (1 Tm 4,10). È la «forza del possibile», una forza di liberazione e di senso, che anche di fronte alle tragedie più spaventose ricorda che: «Quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi» (Is 40,31).

Ci sono eventi di cui probabilmente non capiremo mai il senso. Solo Dio sa perché, a causa di chi. Ma non dobbiamo cedere allo sconforto e pensare che Dio ci abbia abbandonato.

Maestro non ti importa che moriamo? (Mc 4,38). Dio nel dolore
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Dov’è Dio? Lui è nella nostra reazione.

Di fronte a tanto dolore la prima cosa da fare è piangere, provare compassione. Ma la compassione deve spingere all’azione. Io che posso fare? La cosa più immediata: pregare. Poi che azioni posso compiere per essere solidale e aiutare? Papa Francesco così ha scritto nella Evangelii Gaudium “Dove sembra che tutto sia morto, da ogni parte tornano ad apparire i germogli della risurrezione. È una forza senza uguali. … Ci saranno molte cose brutte, tuttavia il bene tende sempre a ritornare a sbocciare ed a diffondersi. Ogni giorno nel mondo rinasce la bellezza, che risuscita trasformata attraverso i drammi della storia… Questa è la forza della risurrezione” (n.276).

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