Card. Sepe: “Niente dovrà essere più come prima”- Il vero senso del dopo

Cardinale Sepe: la pandemia deve essere accolta come un’occasione per riscoprire il valore della vita e la dignità della persona.

Sepe occasione pandemia

Così si è espresso il cardinale arcivescovo di Napoli nel suo discorso alla città, pronunciato durante l’omelia dell’Immacolata.

“Cambiare la situazione non può essere frutto solamente di progetti e sforzi umani – ha detto il porporato – Le angosce della nostra esistenza sono troppo profonde per essere guarite dai soli espedienti umani. Deve intervenire una gratuita iniziativa di Dio. È questo – ha spiegato – il senso profondo della odierna festività dell’Immacolata Concezione. Dio, nella sua bontà, crea l’uomo dotandolo di doni preziosi, come la libertà”.

Sepe: Nella sofferenza, diventiamo “fratelli tutti”

Più volte, durante la pandemia, abbiamo sentito ripetere la frase “niente sarà più come prima”, ha osservato il cardinale, domandandosi però se quest’affermazione sia veritiera. “Con tutti questi sacrifici, dolori, disagi e sofferenze che stiamo vivendo abbiamo imparato ad essere un po’ “fratelli tutti”, secondo l’invito di Papa Francesco?” Nella realtà dei fatti, si continuano a registrare “atteggiamenti di insofferenza, di intolleranza, di indifferenza, di delinquenza, di illegalità e, talvolta, anche di offesa alla persona e di odio”.

Nell’emergenza della pandemia di Covid-19, irrompe la necessità di “unirci”, di “affratellarci nella condivisione del pericolo”. Va cercata “una indispensabile sinergia senza la quale non c’è vaccino che tenga, non c’è ospedale che ci accolga e ci salvi, non c’è futuro per nessuno”. Il virus ci svela come “persone fragili e inconsistenti, per cui continua a seminare terrore e dolore, continua a farci contare decine e centinaia di morti ogni giorno”, ha aggiunto Sepe.

“Se non si muore di virus, si muore di fame”

Il cardinale ha quindi posto l’accento sulla necessità per “l’intera comunità” di “rispettare le norme”. Al tempo stesso chi ha “responsabilità di governo” è tenuto a trovare “le giuste intese e a operare per il bene comune”. Se, da un lato, “si deve tutelare principalmente la salute di ciascuna persona”, dall’altro, “si è anche obbligati ad assicurare a tutti lavoro e reddito, che sono le pre-condizioni di una vita possibile e dignitosa. Il rischio reale – ha osservato l’arcivescovo – è che, se non si muore di virus, si muore di miseria e di fame”.

Di fronte a tanto dolore e a tanto disagio, quel “niente non sarà più come prima” è soltanto “espressione della nostra sconfitta”: crescono le ingiustizie sociali, “con i poveri in aumento, mentre i ricchi sono ancora più ricchi, mentre tantissime famiglie piangono i loro morti uccisi dal virus, con il forte dolore di non aver potuto dare loro l’ultimo saluto o una carezza di addio”. Quel “niente sarà più come prima”, andrà allora convertito in un “niente dovrà essere più come prima”, all’insegna di una “maggiore solidarietà”, in cui la comunità si pone “a servizio del bene di tutti”.

“Anche la morte può generare vita nuova”

“Dimostriamo – ha proseguito il porporato – che la sofferenza e il dolore, unitamente ai sacrifici e ai disagi, ci hanno resi diversi, uomini veri, più responsabili, più pronti a intercettare e, per quanto possibile, a soddisfare i bisogni e i diritti degli altri; a capire lo stato d’animo di chi è costretto a chiedere aiuto”.

Così facendo “anche le morti, che abbiamo pianto con tanto dolore, diventeranno generatrici di vita nuova in ciascuno di noi e nella intera comunità, perché si potranno avere più salute, più lavoro, più bene comune, più giustizia e più pace”, ha detto il cardinale Sepe, concludendo con l’affidamento della città di Napoli all’Immacolata: “Dio benedica tutti e ‘a Maronna c’accumpagna!”.

Luca Marcolivio

Testo integrale dell’omelia: https://www.chiesadinapoli.it/sotto-lo-sguardo-di-maria/

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