Santo Rosario: qual è il modo migliore per recitarlo?

Il Santo Rosario è la preghiera che ci unisce a Maria. Ma siamo veramente sicuri di saperlo recitare nel modo corretto? 

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photo web sourceTante preghiere in più alla semplice “Ave Maria”: sono utili oppure no? Cerchiamo di capire come si recita il Rosario, senza avere distrazioni che allontanano il nostro sguardo da Maria.

Come si prega il Santo Rosario

La preghiera del Santo Rosario è quella che ci fa volgere lo sguardo a Maria. Preghiamo con il saluto che l’Angelo le rivolse al momento dell’annunciazione: “Ave o Maria, piena di grazia”. Ma è sempre solo questa preghiera a “comporre” il Rosario? Un fedele chiede spiegazioni in merito a Padre Angelo.

Mi è capitato di seguire il Rosario in chiesa, ma anche in TV ed online in questi giorni. Ho notato diverse modalità: chi inizia la recita direttamente dai misteri, chi con la formula “O Dio, vieni a salvarmi”, oppure con il Credo o altre giaculatorie introduttive.

C’è chi inserisce delle preghiere tra un mistero e l’altro e chi no, chi legge brani di Vangelo dopo l’enunciazione del mistero e chi recita subito il Padre Nostro. Chi termina con le litanie, chi con la Salve Regina, ma anche chi la omette al termine e così via… Cosa insegna il magistero della Chiesa sul Rosario?” – chiede il fedele – “So anche che al Rosario è annessa l’indulgenza plenaria. Queste diverse modalità di recita la concedono sempre?”.

La risposta del sacerdote è, come sempre, precisa e ci aiuta a comprendere passo passo: “La struttura essenziale del Rosario è la seguente: si enuncia il mistero, quindi si dice il Padre nostro, si prosegue con le 10 Avemaria e si conclude col Gloria al Padre. Poi si va avanti con gli altri misteri”.

“La mia prima esperienza con il Rosario da novizio”

Padre Angelo racconta, anche, attraverso un’esperienza personale, come la recita del Santo Rosario “prenda” chiunque lo preghi, anche ogni giorno: “Quando io ero novizio nell’Ordine domenicano si recitava il Rosario comunitariamente. Ricordo l’impressione che mi ha fatto la prima volta. Lo si diceva la sera, dopo i Vespri, prima di andare a cena.

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Finiti i vespri, si spegnevano le luci lasciandone accesa solo una di postazione per non rimanere totalmente al buio. Tutti i frati si mettevano in ginocchio al loro posto col cappuccio in testa (c’era un senso di grande raccoglimento) e si sentiva un padre che senza nessun preambolo diceva: “Annunciatio incarnationis Verbi” (l’annuncio dell’incarnazione del Verbo). Poi si proseguiva in latino dicendo il Pater, cui seguivano le Ave Maria e si concludeva col Gloria Patris.

Quindi il padre che intonava il Rosario proseguiva con la seconda decina dicendo: Visitatio Beatae Mariae Virginis ad Sanctam Elisabeth (la visita della Beata Vergine Maria a Santa Elisabetta). Giunto al termine dell’ultima decina diceva: “Nos cum prole pia” (Noi con il divin Figlio) e tutti rispondevamo: “Benedicat Virgo Maria” (benedica la Vergine Maria). Tutti si alzavano e fatta la debita riverenza all’altare uscivano sempre in silenzio per andare a cena.

Non c’era dunque nessuna aggiunta, neanche una formula di introduzione. Veniva recitato in maniera abbastanza sollecita perché secondo la tradizione domenicana la preghiera in coro si fa “breviter et succinte” (con pause brevi e con recita sollecita), ma non in maniera precipitosa. Si recitava a voce bassa per favorire la contemplazione che doveva accompagnare la recita materiale del Rosario”.

“Una preghiera fatta sin da giovane”

Una preghiera che, ad un giovane novizio come Padre Angelo, stupì sin dall’inizio, perché sembrava così diversa da come, di solito, lui la recitava: “Lo stupore è stato grande la prima volta perché precedentemente quand’ero a casa sentivo che in parrocchia si iniziava dicendo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Al termine di ogni decina si diceva: “Gesù mio, perdona le nostre colpe…”.

In altri posti dicevano: “Lodato sempre sia, il santissimo nome di Gesù, di Giuseppe e di Maria”. Nell’Ordine domenicano niente di tutto questo […] Giunti al termine della corona quand’ero a casa sentivo che dicevano le litanie e si concludeva con la Salve Regina. Nell’Ordine domenicano, che è stato l’iniziatore e grande propagatore del Rosario, niente di tutto questo. Non che non si recitassero le litanie.

Anzi venivano cantate processionalmente in latino dopo Compieta recandosi davanti all’altare della Madonna nel primo sabato del mese. La Salve Regina invece veniva cantata solennemente secondo la melodia propria dell’Ordine tutte sere al termine della Compieta” – racconta.

“Le aggiunte sono tali, ma non della vera struttura del Rosario”

Con questo suo raccontare la propria esperienza, Padre Angelo ha voluto spiegare, non solo al fedele che gli ha scritto, ma a tutti noi, l’effettiva struttura della preghiera del Santo Rosario: “Ho voluto ricordare tutto questo per mettere in evidenza la struttura essenziale del Rosario distinguendola da tutte le altre aggiunte. Non che le varie aggiunte siano un male, anzi.

Alcune sono ordinate a favorire la meditazione, altre la lode della santa Famiglia, altre il suffragio per i defunti, altre intendono specificare un’intenzione particolare, come ad esempio l’invocazione della pace. Questo è il motivo di tante varianti. Ma di per sé non fanno parte del Rosario.

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Quando io dico il Rosario per conto mio lo dico come l’ho imparato in noviziato senza preamboli o conclusione e senza alcuna aggiunta tra una decina e l’altra. In questo modo non si fa difficoltà a recitare più di una corona al giorno e anzi il Rosario intero”.

Il Santo Rosario e l’indulgenza plenaria

La risposta del sacerdote si conclude, anche, con la richiesta circa l’indulgenza plenaria che si può ottenere: “Per l’acquisto dell’indulgenza plenaria vi sono alcuni requisiti: deve essere recitato in un oratorio (chiesa) o in famiglia o gruppo.

Questo per favorire la preghiera fatta in Chiesa perché evidentemente il luogo sacro agevola il raccoglimento e per favorire la preghiera comunitaria soprattutto in casa. Inoltre per le indulgenze è necessario aggiungere una preghiera secondo le intenzioni del Papa.

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Alcuni dicono un Pater, Ave e Gloria. Altri dicono le litanie o la Salve Regina intendendo con questo acquisire le indulgenze. Si può fare come si vuole. L’importante è che vi sia la struttura essenziale del Rosario con l’aggiunta di una preghiera. Ma anche questo non fa parte del Rosario” – conclude.

Fonte: amicidomenicani.it

ROSALIA GIGLIANO

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