17 novembre, Sant’Elisabetta d’Ungheria: la principessa che trasformò il pane in un cesto di rose

Sant’Elisabetta d’Ungheria fu una giovane principessa che in una breve vita tra mille eventi fu madre e poi monaca, e si spese per gli altri. Avvenivano miracoli, tra cui quello delle rose.

Sant'Elisabetta d'Ungheria
Sant’Elisabetta d’Ungheria – lalucedimaria.it

Oggi 17 novembre si ricorda la figura di Santa Elisabetta d’Ungheria, giovane e bella principessa che ebbe una vita molto breve ma al tempo stesso ricca di eventi in cui espresse la sua ardente carità. Era la figlia del re Andrea II e della regina Gertrude di Merano. Nacque a Bratislava, in Ungheria, nel 1207.

Nel rispetto delle usanze dell’epoca a 4 anni fu promessa sposa al principino Ludovico figlio del Langravio di Turingia, di 11 anni. Il matrimonio ebbe luogo quando Elisabetta aveva 14 anni e pur non essendo nato da una libera scelta fu un’unione felice perché entrambi avevano fede.

Santo di oggi 17 novembre: Santa Elisabetta d’Ungheria

La coppia fu seguita spiritualmente da un frate francescano. Dal matrimonio nacquero tre figli. Avrebbe potuto essere una vita felice, ma quando Elisabetta era incnta del terzo figlio il marito morì improvvisamente mentre era in viaggio per andare a combattere nella crociata condotta dall’imperatore Federico II. Per lei fu un duro colpo e rimase vedova a soli 20 anni.

Furono molte le proposte di matrimonio che le arrivarono, ma lei le rifiutò tutte. La sua scelta ora era di dedicarsi agli altri. Poveri, malati, bisognosi, erano oggetto delle sue cure. Iniziarono i contrasti con la famiglia del marito che non accettava che lei si prodigasse per i poveri.

I conflitti aumentarono e insieme ai suoi bambini fu cacciata dal palazzo in cui viveva. Finì a vivere in miseria in una poverissima casa passando così dal lusso nobiliare alle condizioni più umili. Diventò terziaria francescana abbracciando la spiritualità di San Francesco d’Assisi su cui si era formata fin dagli anni del suo matrimonio.

La carità nella povertà e il miracolo delle rose

Il suo desiderio era la consacrazione religiosa, ma non fu accettata in monastero. Si trasferì a vivere a Marburgo e con i pochi beni che le rimanevano fondò un ospedale e aiutò chi aveva più bisogno di lei. Il Martirologio Romano la ricorda con queste parole: “dopo aver sostenuto con fortezza d’animo gravi tribolazioni, dedita già da tempo alla meditazione delle realtà celesti, si ritirò a Marburg, in Germania in un ospedale da lei fondato, abbracciando la povertà e adoperandosi nella cura degli infermi e dei poveri fino all’ultimo respiro esalato all’età di 25 anni“.

Subito fu considerata santa ed acclamata come tale. Così papa Gregorio IX aprì un processo di canonizzazione per esaminare i numerosi prodigi che venivano attribuiti alla sua intercessione. Venne canonizzata nel 1235. I suoi resti, trafugati da Marburgo durante i conflitti al tempo della Riforma protestante, sono ora custoditi in parte a Vienna. E’ compatrona dell’Ordine Francescano secolare assieme a suo marito, San Ludovico.

Papa Benedetto XVI così diceva di lei: “Elisabetta praticava assiduamente le opere di misericordia: dava da bere e da mangiare a chi bussava alla sua porta, procurava vestiti, pagava i debiti, si prendeva cura degli infermi e seppelliva i morti. Scendendo dal suo castello, si recava spesso con le sue ancelle nelle case dei poveri, portando pane, carne, farina e altri alimenti. Consegnava i cibi personalmente e controllava con attenzione gli abiti e i giacigli dei poveri“.

Sempre lui ricordava il “miracolo delle rose” a lei attribuito: ” il miracolo del pane trasformato in rose: mentre Elisabetta andava per la strada con il suo grembiule pieno di pane per i poveri, incontrò il marito che le chiese cosa stesse portando. Lei aprì il grembiule e, invece del pane, comparvero magnifiche rose. Questo simbolo di carità è presente molte volte nelle raffigurazioni di santa Elisabetta.”

Gestione cookie