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Santo di oggi 12 giugno, Sant’Onofrio: il suo più fedele amico era un angelo

Anacoreta del V secolo, Sant’Onofrio visse una vita eremitica nel deserto con il particolare aiuto e la speciale assistenza di un angelo.

Le poche informazioni su Sant’Onofrio, eremita che visse nel V secolo, giungono da Pafnuzio, un monaco della stessa epoca che lo incontrò e rimasto affascinato da questa figura riferì di lui. La vita di Sant’Onofrio fu lunga e gran parte di essa, oltre 70 anni, la trascorse nel deserto in stile eremitico.

Sant’Onofrio – photo web source – lalucedimaria.it

Il luogo dove visse questo santo anacoreta è l’Egitto. Il nome Onnophris dal greco significa “colui che è sempre felice“. Secondo una leggenda, una storia di cui non vi è appunto certezza storica, era figlio di un re, tanto atteso e a lungo desiderato.

Ma sembra che la madre fu calunniata e il piccolo fu considerato figlio di una relazione adulterina e perciò secondo le usanze dell’epoca venne sottoposto alla “prova del fuoco” da cui ne uscì indenne. Fin da giovane avvertì la chiamata ad una vita eremitica che svolgeva con grande rigore ascetico.

La scelta della solitudine

Il vescovo e monaco egiziano Pafnuzio scrisse la Vita e raccontò di questo eremita. Un giorno si imbattè in Sant’Onofrio con un incontro a tratti sconvolgente. Dopo aver percorso molta strada si era accasciato a terra sfinito, per riposarsi. Fu allora che gli apparve davanti una figura imponente dall’aspetto particolare.

Sant’Onofrio – photo web source – lalucedimaria.it

Era l’anacoreta Onofrio, con lunghi capelli che lo coprivano fin quasi ai piedi e delle foglie incastonate in essi. Inizialmente Pafnuzio si spaventò e cercò di scappare, ma Onofrio lo tranquillizzò e lo convinse a restare. Gli raccontò come conduceva la sua vita in quel luogo desertico.

Erano 70 anni che viveva lì senza incontrare anima viva o quasi. Non era stato sempre così:  in un monastero della Tebaide a Ermopolis, insieme ad un centinaio di monaci. Ma poi per il desiderio di seguire l’esempio di San Giovanni Battista e del profeta Elia, decise di lasciare il monastero ed intraprendere una vita eremitica.

Dopo poco incontrò un altro eremita che lo iniziò a quel tipo di esistenza in 30 giorni di insegnamento. Da lì in poi visse in un’oasi con palmizi, a Calidiomea. Dormiva nelle caverne e si nutriva delle erbe selvatiche che trovava. Una volta all’anno l’altro eremita lo raggiungeva per dargli un conforto umano, ma durante una di queste visite appena giunto morì. Onofrio lo seppellì là vicino.

L’angelo sempre accanto a lui

Nella vita quotidiana, con l’avvicendarsi delle stagioni a cui doveva adattarsi e trovare i modi per resistere alle intemperie lo aiutava provvidenzialmente un angelo. Gli stava sempre accanto e provvedeva a molte delle sue necessità.

Sant’Onofrio – photo web source – lalucedimaria.it

Pafnuzio racconta di eventi prodigiosi: l’angelo non solo gli forniva il nutrimento, ma una volta alla settimana gli portava l’Eucarestia di cui cibarsi. Pafnuzio testimonia di aver assistito alla presenza dell’angelo presso Onofrio.

Dopo avergli raccontato parte della sua vita Onofrio disse a Pafnuzio queste parole: “Dio ti ha inviato qui perché tu dia al mio corpo conveniente sepoltura, poiché sono giunto alla fine della mia vita terrena“. Avvenne proprio così perché dopo aver esortato il monaco a ritornare da dove era venuto per testimoniare ciò che aveva visto e saputo, e dopo aver ricevuto la benedizione, Onofrio si accasciò e morì. 

E così Pafnuzio lo ricoprì con una tunica e lo seppellì in un anfratto di roccia.  Podo dopo una frana distrusse la caverna dove aveva vissuto Onofrio. Fu interpretato come segno della volontà di Dio che in quel posto nessun altro avrebbe fatto l’eremita.

Il culto a Sant’Onofrio

L’esistenza stessa di Sant’Onofrio è stata messa in discussione, ma stando a quanto riportato nella Vita di Pafnuzio il santo eremita, morì un 11 giugno e nei sinassari bizantini viene ricordato il 12. È così anche per la memoria liturgica nel Martirologio Romano. Il suo culto e il suo ricordo fu esteso in tutti i Paesi dell’Asia Minore e in Egitto. In queste regioni tutti i calendari lo riportano in date diverse che oscillano dal 10 al 12 giugno.

L’iconografia lo ha più volte raffigurato nudo, come era abitudine stare per gli anacoreti, con i lunghi capelli a ricoprire il corpo e a fare da vestito. La sua rappresentazione si completa anche di altri elementi tipici, dal , il perizoma di foglie, al cammello simbolo del deserto, al teschio che ricorda il memento mori tipico della vita eremitica, alla croce, l’ostia con il calice, l’angelo.

Romana Cordova

Laureata in Lettere moderne e specializzata come docente di lingua italiana a stranieri amo scrivere e occuparmi di lifestyle con particolare riferimento all'ambito della gastronomia. Sono autrice di un libro di cucina e tradizioni cattoliche, tema che per diversi anni ho approfondito anche in una trasmissione radiofonica.

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Romana Cordova

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