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Santo del 6 febbraio: San Paolo Miki e compagni. Torturati in vari modi e poi uccisi in odium fidei

Nel XVI secolo in Giappone San Paolo Miki e venticinque compagni furono martirizzati barbaramente in quanto cristiani dando prova di fede eroica. 

San Paolo Miki si pone come portatore di vari primati: è il primo missionario giapponese, ma anche il primo religioso nato in quella terra e poi il primo martire cristiano in Giappone. Paolo Miki nasce a Kyoto nel 1556 da una famiglia che molto probabilmente era stata convertita da San Francesco Saverio.  

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Riceve il battesimo all’età di 5 anni e poi viene mandato a studiare dai gesuiti. Nonostante le difficoltà che incontra nell’apprendimento del latino per l’estrema diversità con la sua lingua, si impegna nello studio e diventa un grande predicatore. Dopo una visita a Roma incontra il Papa Gregorio XIII e il suo ardore religioso cresce ulteriormente. Prosegue la sua attività evangelizzatrice e sono tante le conversioni. Ma presto nel suo Paese la vita per i cristiani diventa impossibile.  

La persecuzione dello Shogun

Nel 1596 lo Shogun Hideyoshi dà inizio ad una feroce persecuzione della comunità cristiana. Sono vari i motivi che portano a questo: da una parte c’è il timore che il cristianesimo possa minacciare l’unità nazionale. Poi un’altra causa è  il comportamento minaccioso dei marinai cristiani spagnoli giunti in Giappone. Inoltre c’erano anche gravi dissapori tra gli stessi missionari dei vari Ordini arrivati nella terra del Sol Levante.  

San Paolo Miki – photo web source

Nello stesso anno Paolo Miki, che non era riuscito a diventare sacerdote solo perché non c’era un vescovo che potesse consacrarlo, viene arrestato ad Osaka e in carcere incontra 3 gesuiti, 6 missionari francescani e 17 laici convertiti diventati terziari francescani, ta cui due ragazzi molto giovani, di 11 e 13 anni.  

Si ritrovano in 27 e insieme affrontano il martirio. Prima di essere uccisi vengono torturati in molti modi e indotti all’abiura che tutti rifiutano fermamente. Gli viene tagliato l’orecchio sinistro e vengono esposti al pubblico ludibrio. Questi ferventi ed esemplari cristiani verranno condannati alla morte e moriranno in odium fidei nello stesso modo in cui è morto Gesù. Verranno infatti crocifissi sulla collina Tateyama a Nagasaki il 5 febbraio 1597. La memoria liturgica però è stata fissata per il giorno successivo, il 6 febbraio. 

Proprio come fece Gesù, anche Paolo Miki appeso alla croce ha parole di perdono per i suoi carnefici. Inoltre, le sue ultime parole sono in latino, la lingua che da giovane faceva fatica ad imparare e si affida a Dio dicendo “In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum”. Si racconta inoltre che prima di morire coinvolge i compagni ad intonare un canto di lode al Signore. Legati alla croce con le funi, i martiri ricevono il colpo finale trafitti da lance incrociate che trafiggono loro il cuore.  

Soltanto tre secoli dopo avverrà la canonizzazione di San Paolo Miki e dei suoi 27 compagni martiri. Prima beatificati nel 1627, sarà poi papa Pio IX a proclamarli santi nel 1862. Sulla scia di questi santi martiri, già prima della loro salita agli onori degli altari, nel 1846, un seminarista veronese, Daniele Comboni leggendo la loro storia avverte la spinta missionaria e ispirandosi alla loro vita compie la sua opera di apostolato, diventando a sua volta santo.  

Preghiera a San Paolo Miki e compagni

San Paolo Miki e compagni – photo web source

O Dio, forza dei martiri, 

 che hai chiamato alla gloria eterna san Paolo Miki e i suoi compagni  

attraverso il martirio della croce,  

concedi anche a noi, per loro intercessione,  

di testimoniare in vita e in morte 

 la fede del nostro Battesimo.  

Per il nostro Signore Gesù Cristo. 

Amen 

Romana Cordova

Scritto da
Romana Cordova

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