Storico vescovo di Milano, San Carlo Borromeo fu un pastore tanto amato per le sue grandi doti di carità e per la sua fede. Aveva un segreto per portare le anime a Dio.

Fu vescovo di Milano e poi cardinale, San Carlo Borromeo, che si ricorda oggi 4 novembre, è una figura molto importante nella storia della chiesa meneghina e non solo. Nacque ad Arona il 2 ottobre 1538 in una famiglia dell’alta nobiltà. Suo padre era ricco e potente, lui era il secondogenito e seguendo le tradizioni dell’epoca è stato indirizzato alla vita religiosa.
Era consuetudine, infatti, che solo il primogenito seguisse le orme paterne ed altri fossero indirizzati verso la carriera ecclesiastica. Dotato di grande intelligenza e particolarmente bravo nello studio, diventò dottore in utroque jure all’età di 21 anni dopo aver studiato diritto canonico e civile a Pavia.
Santo di oggi 4 novembre: San Carlo Borromeo
Abbracciò la vita religiosa con convinzione e vocazione, e non volle lasciarla quando, dopo la morte del suo fratello maggiore, avrebbe dovuto prendere il suo posto. Diventato sacerdote a 25 anni fu nominato vescovo solo 2 anni dopo, quando ne aveva 27.
Fu dunque un vescovo particolarmente giovane ed era proprio con questo appellativo che veniva chiamato. Si impegnò diventando uno dei principali esponenti della Controriforma e partecipando al Concilio di Trento che si tenne negli anni 1562 – 1563.
Pastore attento e instancabile si dedicava attivamente alla sua diocesi e visitava ogni luogo di cui era stato chiamato a prendersi cura. Si occupò anche di dare la sua collaborazione alla stesura del Catechismo Tridentino. Modificò le regole interne alla curia ordinando ai sacerdoti che dimorassero all’interno della propria diocesi di appartenenza e si adoperò affinché ci fosse una buona formazione del clero e fondò diversi seminari.
Il suo modo unico di conquistare le anime
San Carlo Borromeo sapeva che per attirare le anime a Dio non c’era altro modo che la preghiera. È Lui, infatti, che chiama a sé, e il compito dei cristiani è solo quello di dare testimonianza e farsi docili strumenti per annunciare, e tramite questo, favorire la conversione.
Diceva, infatti, “le anime si conquistano in ginocchio“, facendo riferimento così alla necessità di pregare. Era magnanimo e caritatevole e per aiutare chi aveva bisogno non tralasciava di mettere mani alle ricchezze della sua famiglia.
Riuscì a far fronte alle ingerenze del potere politico nella chiesa e fu un retto difensore dell’ortodossia cattolica dalle eresie. Era amato ed apprezzato, ma non da tutti. La sua santità era oggetto di attacchi anche forti e violenti. Subì un attentato ad opera degli “Umiliati”, un ordine religioso eretico che cercò di ucciderlo sparandogli un colpo con l’archibugio.
Carità e devozione alla Sindone
Le sue opere di carità si resero evidenti anche quando a Milano era scoppiata una terribile epidemia di peste. In quel caso da bravo pastore che ha a cuore il gregge che gli è stato affidato, si prese cura dei malati senza indugi e paure. In quella che venne definita “la peste di San Carlo” è ricordato anche dallo scrittore Alessandro Manzoni ne I Promessi Sposi.
Era molto devoto della Santa Sindone che è custodita a Torino. A quei tempi il Sacro Lino si trovava in Francia, al Castello di Chambéry, fu lui a fare in modo che fosse portato in Italia. Andò in pellegrinaggio nella città piemontese per venerarlo. Il tragitto da Milano a Torino durò 4 giorni, a piedi, durante i quali offrì penitenze e digiuni.
La morte per lui arrivò a 46 anni, il 3 novembre 1584. Riposa nel Duomo di Milano all’interno della Cripta in una tomba riccamente decorata che raffigura su pannelli di lamina d’argento episodi della sua vita. Riconosciuta immediatamente la sua fama di santità, la beatificazione arrivò nel 1604 e successivamente fu canonizzato nel 1610.
					






