Una grotta, nei pressi di Palermo, porta l’iscrizione: “Io, Rosalia, figlia di Sinibaldo, Signore della Quisquina e (del monte) delle Rose, per amore del Signore mio Gesù Cristo, stabilii di abitare in questa grotta”.
La scritta testimonia che, li, Rosalia (XII sec., Palermo), condusse una vita da eremita, interamente dedicata alla preghiera, alla contemplazione, ai digiuni, alla ricerca di quella pace che ci riannoda al Creatore.
Forse era una laica Rosalia; forse apparteneva ad un suo Ordine. Sicuramente era una giovane donna, proveniente da una famiglia ricca e nobile, risalente addirittura a Carlo Magno.
Visse nel periodo in cui il culto cristiano ed eremitico era favorito dai Re normanni. Questi, respinti gli arabi, contribuirono al diffondersi di Monasteri, in tutta la Sicilia.
Nei secoli successivi, di lei, però, era rimasto solo un ricordo. Poi, nei primi anni del 1600, cominciarono a circolare voci, su diverse apparizioni e manifestazioni miracolose.
Geronima fu condotta al monte dalle amiche, con la febbre molto alta, ma guarì, bevendo qualche goccia dell’acqua che scaturiva dalle pareti di una grotta.
Caduta in un sonno ristoratore, vide nuovamente la fanciulla, che le indicò un luogo dove scavare. Dopo lunghe ricerche, a quattro metri di profondità, vennero ritrovati i resti di Rosalia, era il 15 Luglio. Era morta il 4 Settembre del 1160, ma non fu semplice dimostrare che si trattasse proprio del suo corpo.
Cominciarono attenti e lunghi esami, per verificarne la provenienza, ma non se ne veniva a capo. Si ricorse, allora, alle preghiere: devoti e prelati fecero voto di appoggiare il Mistero dell’Immacolata Concezione di Maria, dibattuto in quegli anni. I segni rivelatori non mancarono.
Tutto si risolse per il meglio e le reliquie vennero identificate con certezza, da tecnici e medici, e, finalmente, portate e osannate in processione per le vie di Palermo. Dovunque esse passassero, la peste (esplosa, in quel periodo, in tutta la città e dintorni), tremenda in quegli anni (come citato anche da Manzoni ne “I promessi sposi”), si ritirava. Le persone venivano risanate e l’intera città fu purificata in pochi giorni.
“O rosa fulgida che in ciel s’indìa, o giglio candido caro al Signor, fiore freschissimo, o Rosalia, accogli i palpiti del nostro amor!”.
O ammirabile Santa Rosalia, tu ti applicasti a tutti i rigori della più aspra penitenza, nella solitudine di una spelonca, per amore di Gesù, tuo sposo, impetra a noi tutti la grazia di saper abbracciare con fortezza le ribelli passioni e perdonare sempre a quanti ci offendono.
Ottienici dal Signore Gesù di riempirci del suo amore, per essere pronti a soccorrere quanti soffrono nel corpo e nello spirito e raggiungere così il santo Paradiso. Amen.
Antonella Sanicanti
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