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Santi

Oggi 27 febbraio: San Gabriele dell’Addolorata e le sue amate mamme in Cielo

Il Santo dei giovani, cui furono tanto cari i dolori della Madre Celeste, ci insegna la pazienza e la letizia nel dolore.

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Oggi si celebra la memoria di San Gabriele dell’Addolorata (Assisi, Perugia, 1 marzo 1838 – Isola del Gran Sasso, Teramo, 27 febbraio 1862)

San Gabriele, al secolo Francesco Possenti, è un ragazzo fine e distinto, socievole ed esuberante. Proveniente da una famiglia agiata, il padre Sante, alto funzionario dello Stato Pontificio e la madre Agnese, impostano un’educazione amorevole e attenta per lui e i suoi fratelli.

“È lassù”

Dopo un trasferimento a Spoleto per un incarico amministrativo del padre, la madre, però, li lascia, quando Francesco ha solo quattro anni: un primo e lancinante dolore nel cuore così sensibile del santo.

Tutti gli ripetono, quando da bambino chiede dove sia la madre: “È lassù”. San Gabriele inizia così a far sua la consapevolezza di avere due madri in Cielo, la madre terrena e la Madonna, che lo assistono. In lui nasce una grande devozione per la Madre Celeste, che onora profondamente nel proprio cuore e, recitando il Rosario sovente con il padre, il pensiero è alle sue due mamme “lassù”.

L’amore per l’Addolorata

Nella camera di Francesco c’è una statua raffigurante Maria Addolorata, nell’atto di sorreggere sulle ginocchia il Figlio Gesù deposto dalla Croce. Davanti a quella statua, Francesco versa copiose lacrime, piangendo i dolori della Madre Santa. Da qui nascerà il suo amore per i dolori di Maria, ed è per questo che, divenuto religioso, a soli 18 anni, prenderà il nome di Gabriele dell’Addolorata.

Il carattere di San Gabriele

Dal carattere emotivo e sentimentale, Francesco ha un cuore buono, facile a commuoversi davanti a situazioni di miseria. Biondo, di bell’aspetto, col talento per il canto, per la recitazione, l’amore per la natura e per la compagnia, non avrebbe fatto pensare necessariamente ad una vocazione religiosa, ma che anzi il mondo lo avrebbe potuto distrarre e lusingare. A differenza di molti giovani, però, Francesco non si vergogna di andare in Chiesa e di pregare spesso.

La chiamata della Madre celeste

Senonché, dopo la morte di due fratelli e poi in particolare alla morte della sorella maggiore Luisa, qualcosa cambia nel suo cuore, e Gabriele decide di prendere le distanze dalla vita mondana per pensare alla vita religiosa.

Un richiamo questo, un desiderio che si fa ad un certo punto presente come un fulmine a ciel sereno quando, il 22 agosto 1856, durante una celebrazione dell’ottava dell’Assunzione, la Madre Celeste lo chiama per nome. Al passaggio della statua, Gabriele si ferma a guardarla: “Appena toccato da quello sguardo, scaturisce dal profondo del suo cuore un fuoco che divampa dolcissimo e inestinguibile.

Ogni altro affetto, provato prima, è insipidità a paragone di quella forza d’amore da cui ora è tutto posseduto. Intanto ode distintamente una voce che lo chiama per nome e gli dice: «Francesco che stai a fare nel mondo? Tu non sei fatto per il mondo. Segui la tua vocazione»”, si legge nelle fonti biografiche scritte dal Card. Giovanni Colombo.

La scelta giusta

Poco dopo entra nel noviziato dei Passionisti di Loreto, col favore del confessore e, la contrarietà del padre che lo vorrebbe collaboratore nel suo ruolo amministrativo. Sceglie il nome di Gabriele di Maria Addolorata. “Francesco sente di aver scelto finalmente la via giusta: «Davvero la mia vita è piena di contentezza» scrisse al padre, in attesa di un sano ripensamento e del ritorno a casa.

«O papà mio, credete ad un figlio che vi parla col cuore sulle labbra: non baratterei un quarto d’ora di stare dinanzi alla nostra consolatrice e speranza nostra Maria Santissima, con un anno e quanto tempo volete, tra gli spettacoli e divertimenti del mondo». La vita religiosa non lo spaventò.

«Il giovane diciottenne si adatta infatti con entusiasmo alla rigida regola della Congregazione, inaugura una vita di austera penitenza e mortificazione e segue con attenzione la formazione spirituale incentrata sull’assidua meditazione della passione di Cristo»” (F. De Palma).

Nel 1859 Gabriele e i suoi compagni si trasferiscono in Abruzzo ad Isola del Gran Sasso, per proseguire gli studi in vista del sacerdozio. Fa voto di diffondere il culto dell’Addolorata, approfondendo la spiritualità mariana, e compiendo opere di carità e auto rinuncia a beneficio dei poveri e dei compagni.

La malattia

La sua salute però a poco a poco si deteriora a causa della tubercolosi ossea di cui è affetto e delle tante mortificazioni che Gabriele spontaneamente di arreca.

Prima di morire chiede al suo confessore di distruggere il proprio diario, dove aveva annotato le grazie ricevute dalla Madonna. Aveva paura infatti che il maligno se ne servisse per tentarlo di vanagloria nel suo combattimento finale. Il confessore obbedisce alla sua ultima richiesta di umiltà. Gabriele gliene è grato, ma per tutti noi è andato “perso” un prezioso documento di vita spirituale.

San Gabriele agli onori dell’altare

Gabriele muore di tubercolosi a soli 24 anni, il 27 febbraio 1862 a Isola del Gran Sasso, dopo aver ricevuto solo gli ordini minori. Lì, nel santuario col suo suo nome, meta di pellegrinaggi, è venerato soprattutto dai giovani. Viene canonizzato il 13 maggio 1920 dal Papa Benedetto XV. Verrà poi nominato Compatrono dell’Azione cattolica e Patrono dell’Abruzzo.

Il santo del sorriso

San Gabriele dell’Addolorata è chiamato “santo del sorriso”, perché visse i suoi giovani anni nella gioia e nella pace di Cristo, che neppure la malattia ineluttabile intaccarono. Opera ancora oggi numerose guarigioni, tanto da essere chiamato “santo dei miracoli”, e “santo dei giovani” perché morì giovanissimo a causa di quella malattia che affrontò con letizia e pazienza cristiane.

Elisa Pallotta

Elisa Pallotta

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Elisa Pallotta

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