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Tolti i manifesti contro l’aborto a Roma, Savarese: “E’ una vergognosa censura”

In occasione del 40° anniversario dell’approvazione della legge sull’aborto ‘CitizenGo‘ associazione pro-vita che si estende in tutto il mondo ha affisso per le strade di Roma un manifesto contro l’interruzione della gravidanza con su scritto: “L’aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo” che ha suscitato non poco scalpore. Immediatamente dopo l’affissione dei manifesti, infatti, l’amministrazione comunale di Roma ha deciso di eliminare questi manifesti perché il messaggio contenuto sul cartellone è stato giudicato controverso.

I manifesti, infatti, hanno suscitato reazioni dure da parte sia del Movimento 5Stelle e del Pd, sia dei movimenti progressisti e della comunità Lgbt. Questi infatti ritengono improprio che si parli di omicidio (in questo caso “Femminicidio” sfruttando una terminologia cara ai movimenti femministi) quando si tratta di aborti, inoltre il messaggio diffuso da ‘CitizenGo’ è ritenuto provocatorio perché utilizza in modo strumentale una terminologia cara al movimento femminista.

CitizenGo invita a firmare una petizione contro la censura dei manifesti

Dura la reazione dell’associazione che ha immediatamente protestato contro il comune, definendo l’oscuramento dei cartelloni una forma di censura e di limitazione della libertà di parola e di espressione. La reazione di ‘CitizenGo’, capitanata dal direttore delle manifestazioni italiane Filippo Savarese, non si è fermata alla polemica social, ma è andata oltre approdando sui notiziari con riferimenti alla diatriba persino sui giornali esteri. Savarese ha inoltre lanciato una petizione contro il Sindaco Raggi e la censura subita lo scorso lunedì 14 maggio.

Sul testo della petizione si legge: “In Paesi come la Cina e l’India, ma anche in parte d’Europa, milioni di donne vengono sterminate con l’aborto solo perché donne. Ma l’aborto ha sempre anche un’altra vittima. La donna che lo pratica. Ogni donna porterà sempre con sé la ferita psicologica e fisica dell’aborto. Decenni di aborti lo confermano. I traumi post-abortivi gravano su intere generazioni di donne di cui la società non si cura affatto. Noi vogliamo restare liberi di dirlo, con tutti i mezzi leciti a nostra disposizione. È un nostro diritto costituzionale”.

In difesa dei manifesti, lo stesso Savarese ha ribadito: “Negli ultimi anni le istituzioni hanno denunciato con sempre maggior forza il fenomeno dei femminicidi e della violenza sulle donne, ma ci si dimentica di dire che la prima causa di morte per milioni di bambine (così come di bambini) nel mondo è l’aborto, che provoca anche gravissime conseguenze psicologiche e fisiche per le donne che lo praticano”.

Luca Scapatello

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Luca Scapatello

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