La Quaresima: è un “esodo dalla schiavitù alla libertà”

L’incontro con Dio è qualcosa che non si può mai rimandare. Lo ha ricordato papa Francesco durante la messa in San Pietro con rito di benedizione e imposizione delle Ceneri.

Quest’anno, in ottemperanza alle norme anti-Covid, la liturgia d’inizio Quaresima è stata celebrata in forma ‘statica’ e senza processioni.

La Quaresima è un viaggio di ritorno a Dio”, il quale “fa appello o al nostro cuore – ha detto il Santo Padre –. Nella vita avremo sempre cose da fare e scuse da presentare, ma ora è tempo di ritornare a Dio”. La prima lettura odierna mostra l’“invito che nasce dal cuore di Dio, che con le braccia spalancate e gli occhi pieni di nostalgia ci supplica: «Ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12)”. La Quaresima, allora, è “un viaggio che coinvolge tutta la nostra vita, tutto noi stessi”. Questo tempo liturgico “non è una raccolta di fioretti” ma serve a “discernere dove è orientato il cuore”, a “riscoprire il legame fondamentale con Dio”.

Proviamo a chiederci – ha proseguito il Pontefice – dove mi porta il navigatore della mia vita, verso Dio o verso il mio io? Vivo per piacere al Signore, o per essere notato, lodato, preferito? Ho un cuore “ballerino”, che fa un passo avanti e uno indietro, ama un po’ il Signore e un po’ il mondo, oppure un cuore saldo in Dio? Sto bene con le mie ipocrisie, o lotto per liberare il cuore dalle doppiezze e dalle falsità che lo incatenano?”.

La “tentazione delle cipolle”

La Quaresima è un “esodo dalla schiavitù alla libertà”. I suoi quaranta giorni evocano “i quarant’anni in cui il popolo di Dio viaggiò nel deserto per tornare alla terra di origine”. Eppure “quanto fu difficile lasciare l’Egitto!”. Ricorrente era, negli israeliti ormai liberi, “la tentazione di rimpiangerne le cipolle, di tornare indietro, di legarsi ai ricordi del passato, a qualche idolo”. Anche per noi “il viaggio di ritorno a Dio è ostacolato dai nostri malsani attaccamenti, è trattenuto dai lacci seducenti dei vizi, dalle false sicurezze dei soldi e dell’apparire, dal lamento vittimista che paralizza – ha detto il Papa –. Per camminare bisogna smascherare queste illusioni”.

Una chiave di lettura per la Quaresima è nella parabola del Figliol Prodigo. “Come quel figlio – ha commentato Francesco – anche noi abbiamo dimenticato il profumo di casa, abbiamo dilapidato beni preziosi per cose da poco e siamo rimasti con le mani vuote e il cuore scontento”. In questo cammino “siamo come bimbi piccoli che provano a camminare ma vanno in terra, e hanno bisogno di essere rialzati ogni volta dal papà. È il perdono del Padre che ci rimette sempre in piedi: il perdono di Dio, la Confessione, è il primo passo del nostro viaggio di ritorno”.

Il ritorno a Dio, comunque, è ben rappresentato anche dal lebbroso risanato che ritorna a Gesù per ringraziarlo. “In dieci erano stati guariti – ha affermato il Santo Padre – ma lui solo fu anche salvato, perché era tornato da Gesù (cfr Lc 17,12-19). Tutti abbiamo delle malattie spirituali, da soli non possiamo guarirle; tutti abbiamo dei vizi radicati, da soli non possiamo estirparli; tutti abbiamo delle paure che ci paralizzano, da soli non possiamo sconfiggerle”.

Nella nostra vulnerabilità, Dio ci è venuto incontro

La Quaresima è anche una chiamata a “ritornare allo Spirito Santo, […] Datore di vita, al Fuoco che fa risorgere le nostre ceneri. Ritorniamo a pregare lo Spirito Santo, riscopriamo il fuoco della lode, che brucia le ceneri del lamento e della rassegnazione”. Questo “viaggio di ritorno a Dio è possibile solo perché c’è stato il suo viaggio di andata verso di noi. Prima che noi andassimo da Lui, Lui è sceso verso di noi”.

Questo tempo liturgico è infine tempo di riconciliazione, di “conversione del cuore”. “L’inizio del ritorno a Dio è riconoscerci bisognosi di Lui, bisognosi di misericordia. Questa è la via giusta, la via dell’umiltà”, ha aggiunto il Papa. La Quaresima ci indica che “la salvezza non è una scalata per la gloria, ma un abbassamento per amore. È farci piccoli”, mettendoci “davanti alla croce di Gesù” che è “la cattedra silenziosa di Dio”.

Nelle “piaghe”, nei “fori” di Gesù in croce, “riconosciamo il nostro vuoto, le nostre mancanze, le ferite del peccato, i colpi che ci hanno fatto male”: ma proprio lì “vediamo che Dio non ci punta il dito contro, ma ci spalanca le mani”. Proprio lì, “dove siamo più vulnerabili”, Dio “ci è venuto incontro” e ora “ci invita a ritornare a Lui, per ritrovare la gioia di essere amati”, ha quindi concluso Francesco.

Luca Marcolivio

 

 

 

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