Quanto assomigliamo a Lucifero noi esseri umani?

Quanto assomigliamo a Lucifero?

Quanto assomigliamo a Lucifero noi esseri umani? Forse troppo! Ecco perché, spesso, ci risulta facile capire la sua storia di perdizione.
Dio creo gli Angeli, come degli esseri spirituali che potessero avere più grazie di qualunque altra creatura.
Ne creò talmente tanti da affidare ad ognuno un essere umano -se pensiamo alla moltitudine degli Angeli Custodi.

Ognuno di loro però è singolare, appropriato per il suo compito e abilissimo nel portarlo avanti, rimanendo fedele a Dio e soccorritore degli uomini, nel contempo.
Dio li differenziò anche, a seconda dell’ufficio che svolgevano al suo cospetto. Li distribuì in 9 categorie, dette “Cori”, e li chiamò Arcangeli, Angeli, Principati (prima gerarchia), Potestà, Virtù, Dominazioni (secondo gerarchia), Troni, Cherubini, Serafini (terza gerarchia).
Le Sacre Scritture raccontano che il più bello di tutti, ma anche il più intelligente e rilucente di ogni dono spirituale, era Lucifero, il “Portatore di Luce”.

Lucifero, il Portatore di Luce

Era uno dei più vicini al Creatore e sapeva tutto ciò che lui gli concedeva di conoscere, anche in merito alla Trinità o all’incarnazione, prevista per il Figlio di Dio, in Maria Vergine.
Se immaginiamo per un attimo questo quadretto, che si intravede lontanissimo nella notte dei tempi, possiamo quasi immedesimarci in quell’essere che godeva di una posizione privilegiata, agli occhi di Dio e degli altri Angeli da lui creati. Aveva solo un limite Lucifero, non era Dio!

Immaginiamo, pertanto, come Lucifero abbia potuto intendere la creazione di altre creature, non spirituali e non vicine a Dio, ma che potevano solo credere per fede nella sua presenza e godere, nonostante questo, di ogni beneficio materiale del mondo terreno, appena creato: gli uomini.
L’uomo deve essergli sembrato uno spirito in trappola nel proprio corpo, ma terribilmente affascinante, tanto più che lui, Lucifero, riusciva anche a carpirne la debolezza.
Debole era l’uomo, ma degno della sua invidia, perché, in effetti, era stato creato ad immagine di Dio.

Lucifero, però -non essendo Dio, ma solo una delle sue creature, seppur la “migliore”- come poteva intendere a pieno che il Signore volesse prendersi cura di esseri inferiori agli Angeli, che avrebbe amato a dismisura?
Come poteva comprendere che lui stesso -Dio, l’immenso- desiderava addirittura farsi come uno di loro, incarnarsi in un essere creato per ultimo, e assumere su di se l’impudicizia immensa, di cui quel gruppo di esseri terreni era reo?
Era forse necessario tutto questo? -avrebbe potuto pensare Lucifero. Non aveva, forse, Iddio espresso in lui il massimo della sua potenza creatrice?

Fin qui, abbiamo cercato di capire -come in una sorta di esperimento empatico- lo sconcerto di Lucifero, ma anche di altri Angeli, che non poteva capacitarsi di quello che stava accadendo in quei primi istanti di eternità.
Nel fare questo minimo esercizio, ci saremmo resi già conto di quanto assomigliamo a Lucifero, poiché i suoi sentori sono identici a quelli che noi stessi percepiamo, quando, sicuri delle nostre capacità, vediamo altri sottrarci -almeno così ci pare- l’attenzione di colui che, fino a quel momento, non aveva occhi che per noi.
Capita ai bambini, quando nasce un fratellino; agli adulti, quando, in ambito lavorativo ad esempio, il Capo assume una nuova risorsa, superflua a nostro parere.

Quanto assomigliamo a Lucifero noi esseri umani?

Queste due situazioni umane, possono forse farci intravedere alquanto lo stato d’animo di Lucifero che, alla decisione di Dio di incarnarsi nel grembo di una donna, semplicemente umana, potrebbe aver voluto dire: “No, Dio, questo non può capitare a te!”.
E questo non ci richiama alla mente il passo del Vangelo in cui Gesù spiega a Pietro che sarebbe stato crocifisso?

“Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: “Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai”. Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”.
E pensare che proprio qualche versetto prima, Gesù aveva parlato di Pietro come della “pietra” su cui avrebbe edificato la sua chiesa, ritenendolo in grande considerazione.
Lucifero era al cospetto di Dio e sentiva i suoi discorsi sui progetti che aveva in serbo per uomo. Michele, accanto a lui, potrebbe avergli detto. “Non devi per forza comprendere. Accetta con fiducia ciò che dice”.

Ma Lucifero non ce la fa, si ribella. Lucifero trova un’alternativa al suo “disgusto”: la libertà, che Dio concede a tutti, ossia quella di poter essere senza Dio!
Anche Lucifero, il più rilucente degli Angeli, ne ha diritto e, in un attimo, pensa di poter bastare a se stesso, come se i doni e le grazie che possiede fossero sue creature, sui meriti.

Dunque, quanto assomigliamo a Lucifero noi esseri umani?
Lucifero rinuncia alla Verità e, da quel momento, deforma ogni sua capacità, la imbruttisce in ogni sua fattezza e con lui altri Angeli.
Dio rimane a guardare -nel dolore e nel silenzio- la sua orrenda trasformazione.
Potrebbe annientare lui e gli altri ribelli, così come li ha generati, ma non lo fa.
A Lucifero, poi, non rimane che combattere per essere simile a Dio, poiché non c’è ritorno dalla convinzione di poter surclassare il Signore.
Mentre lucifero cade sempre più in basso, Michele controbatte: “Chi è come Dio?”.
E a noi, che tanto siamo simili a Lucifero nell’orgoglio e nella disobbedienza, ci sembra di sentirlo, ogni volta che crediamo di poter vivere facendo a meno del Signore.

Antonella Sanicanti

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