E, a quanto pare, il diavolo si è sentito chiamare in causa ed ha voluto dire la sua: “Un finale così ha spaventato anche noi, è davvero demoniaco. È come se in questo film ci fosse stato un quarto sceneggiatore diabolico”.
Ecco, un esempio, di cosa è accaduto, in un giorno qualunque di lavorazione: “A metà riprese uno degli attori, Gabriele Lo Giudice, si è rotto il menisco e ci siamo trovati nei guai. Abbiamo girato delle scene con una controfigura o facendolo montare sul carrello della macchina da presa. Insomma un problema non da poco”.
Il film potremmo vederlo tutti a Gennaio prossimo, al cinema, ed è un romanzo gotico, che racconta di un Pubblico Ministero, chiamato a giudicare un ragazzo di 14 anni che ne ha ucciso un altro.
Il tutto è ambientato negli anni ’50, in un Convento di Suore, dove si verificano visioni demoniache e riti per l’ evocazione delle anime dei defunti.
Pupi Avati confessa di ricordare la Chiesa di quando era bambino, quella precedente al Concilio Vaticano II, quando il prete dava le spalle ai fedeli, nel celebrare, e appariva in un’atmosfera mistica, poco comprensibile ai più.
Il regista, oggi, dichiara: “Alla mia età avevo voglia di tornare al cinema con cui ho cominciato a misurarmi da bambino, a quelle cose che mi spaventavano quando credevo ci fosse il male assoluto, in quell’atmosfera pre-conciliare dell’Italia anni Cinquanta, dove i bambini erano immersi tra paura e sacralità”.
Beh, a parte i cambiamenti esteriori del rito della Santa Messa e un dialogo più aperto e alla pari, tra sacerdoti e fedeli, il Concilio Vaticano II non ha introdotto affatto un metodo “nuovo”, per soppesare le forze del male e anche il regista dovrebbe essersene reso conto, durante le riprese del suo film. Questo almeno si evince dalle sue ultime dichiarazioni.
Antonella Sanicanti
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