L’avvicinarsi delle festività, porta necessariamente con se un senso di malinconia, per le persone che vorremmo avere accanto e che invece ci hanno già lasciato.
E l’atmosfera del Natale, che rievoca scenari di serenità, non può farci dimenticare che l’umanità piange per la violenza dilagante, per le morti assurde che avrebbero potuto evitarsi e che, in realtà, sono solo frutto di un odio immotivato e di tanta ignoranza.
Così, anche l’albero di Natale e il presepe, che quest’anno sono stati allestiti nella piazza inferiore della Basilica di San Francesco d’Assisi, hanno una triste denotazione: sono stati creati per commemorare gli operatori pastorali e i sacerdoti trucidati, per aver professato la loro fede in Cristo.
La patria del presepe fa memoria, in questo modo, della dura realtà di un mondo crudele che non ha rispetto per la spiritualità altrui.
La celebrazione inaugurale è avvenuta l’8 Dicembre con l’intervento del Custode del Sacro Convento di Assisi, padre Mauro Gambetti, e alla presenza di molte autorità religiose e loro rappresentanze.
La giornata è proseguita con delle donazione alle famiglie più indigenti, mentre padre Enzo Fortunato, direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, dichiarava: “Il presepe ci dice che ogni notte buia dell’uomo, la solitudine o la disperazione, la crisi o le difficoltà, la povertà o l’indigenza può essere illuminata e abitata dalla luce della pace. La stella cometa che ha guidato i Re Magi può rappresentare per ogni uomo smarrito una bussola, una stella polare per riprendere il cammino di oggi”.