In questo modo, il potere, il guadagno sono facili pretesti per alludere all’idolatria.
Il passo biblico del Libro dell’Esodo, letto quel giorno, parlava del vitello creato dagli israeliti, stanchi di attendere il Signore, che aveva promesso di salvarli: “Il vitello aveva un senso duplice nel vicino oriente antico: da una parte rappresentava fecondità e abbondanza e dall’altra energia e forza. Ma anzitutto è d’oro, perciò è simbolo di ricchezza, successo, potere e denaro. Questi sono i grandi idoli: successo, potere e denaro. Sono le tentazioni di sempre! Ecco che cos’è il vitello d’oro: il simbolo di tutti i desideri che danno l’illusione della libertà e invece schiavizzano, perché l’idolo sempre schiavizza”.
Ed per questo motivo che l’indigenza, come lo scontento per le condizioni di vita, possono indurci a rincorrere le agiatezze, anziché il Signore, che resta in attesa della nostra richiesta di sostegno, proprio nella prova.
Come dice Papa Francesco, allora, l’idolatria può intendersi come “l’’incapacità di confidare soprattutto in Dio, di riporre in lui le nostre sicurezze, di lasciare che sia lui a dare vera profondità ai desideri del nostro cuore”.
Antonella Sanicanti
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