Angelus, la vibrante denuncia del Papa: “Perché non impariamo dalla storia?”

Celebrando le canonizzazioni di Giovanni Battista Scalabrini e Artemide Zatti, Francesco punta il dito contro due grandi piaghe del nostro tempo.

C’è un legame molto stretto tra il Vangelo di oggi e i due nuovi santi. Lo ha messo in luce papa Francesco durante la messa di canonizzazione in piazza San Pietro.

Basta con le esclusioni e i pregiudizi

La lettura odierna menziona l’episodio dei dieci lebbrosi sanati: di essi uno solo – un samaritano – torna indietro a ringraziare Gesù. “All’inizio del racconto – ha osservato il Santo Padre – non c’è nessuna distinzione tra il samaritano e gli altri nove. Semplicemente si parla di dieci lebbrosi, che fanno gruppo tra di loro e, senza divisione, vanno incontro a Gesù”.

In quanto “malattia sociale”, la lebbra costringeva i malati a restare fuori dalla comunità, rimanendo fuori persino dalla vita religiosa. I dieci che vanno incontro a Gesù manifestano quindi il loro “grido nei confronti di una società che li esclude.

È significativo che nel gruppo vi sia un samaritano, “una sorta di eretico per gli ebrei”: la malattia lo parifica agli altri, fa “cadere le barriere e superare ogni esclusione.

Si tratta, ha osservato il Pontefice, di “un’immagine bella anche per noi: quando siamo onesti con noi stessi, ci ricordiamo di essere tutti ammalati nel cuore, di essere tutti peccatori, tutti bisognosi della misericordia del Padre”.

Per questo, è opportuno smettere di “dividerci in base ai meriti, ai ruoli che ricopriamo o a qualche altro aspetto esteriore della vita, e cadono i muri interiori, i pregiudizi”.

La fede cristiana, del resto, “ci chiede di camminare insieme agli altri, mai di essere marciatori solitari; sempre ci invita a uscire da noi stessi verso Dio e verso i fratelli, mai di chiuderci in noi stessi; sempre ci chiede di riconoscerci bisognosi di guarigione e di perdono, e di condividere le fragilità di chi ci sta vicino, senza sentirci superiori”.

Emarginare i migranti è “schifoso”

Il Papa ha espresso paura” riguardo alle “comunità cristiane che dividono il mondo in buoni e cattivi, in santi e peccatori”. La Chiesa, ha denunciato, è “ancora segnata da tante disuguaglianze ed emarginazioni”.

Con riferimento ad uno dei due canonizzati di oggi, Giovanni Battista Scalabrini, Francesco si è scagliato ancora una volta contro l’“esclusione dei migranti”, definita “scandalosa”, “criminale”, “peccaminosa” e “schifosa”.

Questa esclusione, ha aggiunto Bergoglio, rende “il Mediterraneo il più grande cimitero del mondo” e condanna i migranti a finire in “lager dove vengono sfruttati o venduti come schiavi. Pensiamo a quelli che muoiono, li riceviamo come fratelli o li sfruttiamo?”.

La gratitudine, grande virtù dei neocanonizzati

Altro aspetto rilevante del Vangelo dei lebbrosi guariti è la gratitudine: di quei dieci, solo il samaritano, tornato indietro a ringraziare Gesù, ha fatto “del dono ricevuto l’inizio di un nuovo cammino”; ritorna “da Chi lo ha sanato, va a conoscere Gesù da vicino, inizia una relazione con Lui”. Dare per scontato il nostro “rapporto con Dio” è una “brutta malattia spirituale”, che rende dei “cristiani all’acqua di rose.

I due canonizzati di oggi, del resto, “ci ricordano l’importanza di camminare insieme e di saper ringraziare”. Giovanni Battista Scalabrini fondò una Congregazione per la cura degli emigrati, perché in loro non vedeva “solo problemi, ma anche un disegno della Provvidenza.

In un suo scritto, lo stesso Scalabrini fece notare come “proprio a causa delle migrazioni forzate dalle persecuzioni – egli disse – la Chiesa superò i confini di Gerusalemme e di Israele e divenne “cattolica”; grazie alle migrazioni di oggi la Chiesa sarà strumento di pace e di comunione tra i popoli”. Il nuovo santo “guardava avanti, verso un mondo e una Chiesa senza barriere, senza stranieri”.

Per il Santo Padre è stata l’occasione per ricordare che “c’è un’emigrazione qui in Europa che ci fa soffrire tanto”, invitando a non dimenticare la “martoriata Ucraina.

Anche l’altro canonizzato, Artemide Zatti, offre “un esempio vivente di gratitudine: guarito dalla tubercolosi, dedicò tutta la vita a gratificare gli altri, a curare gli infermi con amore e tenerezza”.

Di Zatti, si racconta che un giorno si caricò “sulle spalle il corpo morto di uno dei suoi ammalati. Pieno di gratitudine per quanto aveva ricevuto, volle dire il suo “grazie” facendosi carico delle ferite degli altri”, ha sottolineato il Pontefice.

Guerra nucleare: un pericolo sempre attuale

Al momento della recita dell’Angelus, il Papa ha anche ricordato la contemporanea beatificazione, celebrata oggi a Fabriano, della clarissa cappuccina Maria Costanza Panas, che accoglieva chiunque bussasse alla porta del suo monastero, “infondendo in loro serenità e fiducia”.

Negli ultimi anni della sua vita, la religiosa, gravemente malata, “offrì le sue sofferenze per il Concilio Vaticano II, di cui, ha ricordato Francesco, dopodomani ricorre il 60° anniversario dall’apertura. “La Beata Maria Costanza – ha aggiunto – ci aiuti ad essere sempre fiduciosi in Dio e accoglienti verso il nostro prossimo”.

Con riferimento all’apertura del Concilio, Bergoglio ha rammentato che, in quello stesso mese – come in queste settimane – il mondo fu minacciato dal “pericolo di guerra nucleare”. “Perché non imparare dalla storia? Anche in quel momento – ha detto il Santo Padre – ci sono stati conflitti e grandi tensioni, ma è stata scelta la via pacifica”.

In conclusione, il Pontefice ha assicurato la propria preghiera per “le vittime del folle atto di violenza avvenuto tre giorni fa in Thailandia, dove un asilo nido è stato preso d’assalto, provocando la morte di 35 persone, tra cui 24 bambini. “Con commozione affido al Padre la loro vita, in particolare i piccoli e le loro famiglie”, ha detto il Papa.

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